Chiesa di San Benedetto, Confraternita dell'Immacolata Concezione

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view post Posted on 12/12/2007, 20:15
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Edited by Claudio Bozzacco - 4/12/2008, 11:44
 
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www.montella.eu
view post Posted on 16/12/2007, 19:49




We we, che so ste cose? E' stato puro Santa Lucia, e ammo fatto la uegna!!!!!!!!!!!! Non ci dimentichiamo...... ;)
 
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Sul numero di Dicembre 2008 de il Monte
uscirà la seguente ricostruzione storica fatta dal dott Adriano Garofalo
alias Percival.

Pare che i monaci Benedettini dopo il 476 d.c. siano stati i primi ad occupare
l'area a monte dell'antica Fondana di origine Sanniocelitca.
Ovvero l'odierno corso e piazza.
In quell'epoca il corso era una via di colegamento tra il calore e "lao",
tra il fiume e la montagna (sorbo), antropizzata da pastori.
L'ordine monacale dei Benedettini a Montella come altrove con il dissolversi
dell'influenza romana andò occupando terre e spazi incolti.
vi rimando all'articolo di Adriano.

Non molti sono a conoscenza delle ragioni storiche per nel nostro paese esiste una chiesa dedicata a San Benedetto (meglio nota come chiesa di Sant'Anna).
Eppure la presenza benedettina nel territorio di Montella, risalente quanto meno al periodo della dominazione longobarda (571-1076 D.C.) è stata cospicua e significativa.
Documentalmente provata è la donazione da parte del feudatario di Montella, Simone di Tivilla nel luglio del 1158, della Chiesa di San Giovanni del Gualdo (gualdo, da wald = bosco)all'importante abbazia benedettina di Cava dei Tirreni.
In uno alla Chiesa -sita nell'odierna località Cerrete - venivano donati i terreni annessi e le persone di stato servile che li lavoravano.
Ancora più antica pare essere stata la comparsa dell'ordine fondato dal santo di Norcia nelle zone ricomprese nell'attuale tessuto urbano montellese.
Con certezza si può dire che, nel luogo dove oggi sorge la Chiesa di San Benedetto era insediata una badia o meglio grancia benedettina, alle dipendenze del monastero di San Benedetto di Salerno, prima, e di quello della SS.Trinità di Cava dei Tirreni, in seguito.
Ne è rimasta traccia in una serie di documenti riportati dallo Scandone e precisamente: il Catasto onciario del 1752, comprendente una "rubrica delle Badia di San Benedetto di Montella"; un istrumento del 23 marzo 1591 per notar Paolo Trevisani, in cui si attesta che alcuni montellesi avevano preso in fitto "granciam terre montelle" (sic!); un atto pubblico del 20 novembre 1597 per notar Paolo Boccuti, dove si menziona un Fabio Verderosa, quale locatario della grancia di Montella ed un Giovan Angelo Palatucci, subaffittuario.
Sull'antichità della fondazione della grancia concordano maggiori storici locali, il Ciociola e lo Scandone, che la collocano temporalmente negli ultimi due secoli della dominazione longobarda (IX-X secolo).
Il Ciociola, nella sua opera “Montella. Saggio di memorie critico cronografiche” ne fa risalire l'istituzione a tal Erimano, Conte di Conza, che, il due settembre 901, avrebbe fatto donazione ai Benedettini di Salerno del casale Serpillo (che il Canonico colloca nella contrada montana detta di Serrapullo), con alcune corti in "Balinolo" e in "Montilla", già appartenute al gastaldo Potone, suo zio.
Diversa l'ipotesi dello Scandone, che sulla scorta di un famoso ma controverso documento del 762 (forse il più antico scritto in cui compaia il nome Montella) ricollega l'insediamento benedettino locale all'antichissimo monastero di Santa Sofia in Benevento.
Evidenti tracce emergono pure dalla toponomastica locale: nei pressi di Sant'Anna vi è una via intitolata a San Mauro, pupillo e discepolo di San Benedetto e fondatore a Granfeuil, in Francia, di un monastero.
Vissuto nel VI secolo, figlio di un nobile romano, Mauro venne affidato, ancora impubere,al santo, di cui divenne il collaboratore prediletto
Ad ispirazione benedettina potrebbe ricondursi la stessa esistenza, a breve distanza dal casale di San Mauro, di una Chiesa eretta al culto di San Leonardo (anch'egli legato alla storia nascita del monachesimo comunitario e “stanziale”) con annesso ospedale per pellegrini, già collabente nel 1534.
Non solo.
Da altri documenti riportati dallo Scandone nell' Alta Valle del Calore ci viene notizia dell'esistenza di due fondi agricoli, uno denominato Corte di San Benedetto e l'altro Corte San Mauro, benefici ecclesiastici.
E' ancora lo Scandone ad ipotizzare che "a breve distanza dalla Corte di San Benedetto fosse stata eretta dai monaci, lungo la strada che menava dalla "corte del duca" al castello, una piccola cappella a San Mauro" e che "da questa dovè prendere il nome il casale che tuttora lo conserva, sebbene della cappella siasi perduto persino il ricordo". "E' anche probabile - continua lo storico- che tal casale fosse in origine abitato da persone, che coltivavano la terra del monastero e specialmente la corte di San Mauro". (AVC, I, p. 66, n. 4).
Proprio per l'amministrazione di questi fondi sarebbe stata creata in Montella una "grancia", gestita da un nucleo di monaci facenti capo alla casa-madre si Salerno.
Ma cos'era una grancia?
Il termine Grancia si riferisce ad un insediamento monastico, di solito di limitate dimensioni, con annessi granai, depositi, stalle ecc.:
In sostanza una piccola azienda agricola, gestita da monaci e dipendente da una casa madre.
Queste strutture conobbero enorme diffusione soprattutto nei secoli XI e XII d.c., a seguito delle cospicue donazioni di territori, immobili e servi da esponenti della nobiltà feudale in favore di monasteri ed abbazie.
Capitava sovente che a gestire i possedimenti così acquisiti venisse inviato un manipolo più o meno consistente di religiosi, con compiti di amministrazione e di organizzazione del lavoro.
A tutto ciò non era estraneo lo scopo di favorire il reinsediamento umano ed agricolo in località che nei secoli precedenti erano state abbandonate ovvero di favorire l'utilizzo o la bonifica di nuove aree agricole.
Attorno a tali centri, infatti, sorgevano e si sviluppavano insediamenti abitativi destinati ad ospitare prima i servi della Grancia (che ne lavoravano i terreni) con le loro famiglie e successivamente tutti coloro che si fossero posti al servizio e sotto la protezione dei monaci.
Non pare azzardato prospettare una simile ricostruzione storica anche per quanto riguarda la "nostra" badìa o grancia.
Tra l'VIII ed il X secolo, con l'apparente consolidarsi del potere longobardo, iniziò una prima fase di ripopolamento di quelle aree pianeggiante che erano state abbandonate a seguito della caduta dell'impero romano e delle successive vicende storiche: dalle devastanti guerre gotiche, alle guerre civili tra i principi longobardi.
A Montella, come altrove, alcune delle zone spopolate furono oggetto di donazione al laborioso ordine benedettino, con l'impegno da parte di quest'ultimo di insediare sul posto un nucleo di monaci che fungessero da punto di riferimento sia economico (per la gestione dei fondi) che spirituale (cura delle anime).
Venne così edificata la chiesa di San Benedetto, a cui fu annessa con ogni probabilità oltre ad un ricetto per monaci e famigli vari, almeno un granaio e delle stalle.
Quanto alla dotazione fondiaria tutto porta a presumere che essa fosse abbastanza vasta e che ricomprendesse, oltre alcuni terreni in località Prati, tutte le aree coltivabili (dette in antico "corti" e più recentemente "campi") esistenti nel perimetro della ex - parrocchia di San Benedetto, erede diretta, sotto un profilo ecclesiatico, dell'antica grancia e quindi:
1) l'area oggi occupata dalla Villa "De Marco" - nella quale la chiesa di San Benedetto e la sagrestia della stessa sono sostanzialmente inglobate-e quelle circostanti, fino al limitare del "giardino" della corte (idest sino all'odierna Piazza Palatucci; 2) l'area oggi occupata dalle scuole elementari e quella adiacenti via Serrabocca (antico casale, anch'esso ricadente nel perimetro di quella che fu la parrocchia di San Benedetto); 3) le aree a ridosso del vallone Santa Maria (lato San Mauro, Piazzavano) dalla zona "Avanti Corte" (esclusa) fino al Vico Ferri.
Ai margini dei terreni di competenza della grancia sorsero invece gli insediamenti abitativi dei servi, dei coloni e di tutti coloro che in un modo o nell'altro avevano a che fare con la coltivazione di detti terreni: San Mauro, Piazzavano, Serrabocca.
Appare pertanto da condividere l'illuminante intuizione dello Scandone, avvalorata, peraltro, dalle peculiarità urbanistiche delle zone sopra cennate.
Queste sono infatti caratterizzate da insediamenti abitativi di modeste dimensioni, distanti fra loro in quanto dislocati proprio a ridosso di grosse estensioni coltivabili (cui appaiono legati da uno strettissimo nesso funzionale), ma comunque facenti capo alla medesima parrocchia.
Nè può tralasciarsi di considerare come proprio quelli di San Mauro, Piazzavano e Serrabocca siano i nuclei abitativi più antichi presenti in quest'area, che solo negli ultimi due secoli ed in particolare a partire dagli anno '60-70, è venuta assumendo l'aspetto che oggi le conosciamo e che per centinaia di anni è stata una delle meno urbanizzate di Montella, tanto da ospitare il cimitero e l'ossario comunale (di cui la Chiesa del Purgatorio costituiva la cappella) fino ai primi decenni del secolo XIX.
Nulla di certo è dato sapere sul quando e sul perché la grancia, intesa come insediamento monastico, ebbe a finire.
E' probabile che il suo progressivo declino sia stato dovuto alla crisi conosciuta dall'ordine benedettino a partire dal secolo XIV anche a causa della "concorrenza" esercitata dai cosiddetti ordini mendicanti.
Sopravvisse comunque nel titolo di Badìa o Grancia, una eco del glorioso passato.
Il residuo patrimonio fondiario continuò ad essere amministrato dai benedettini di Cava dei Tirreni - succeduti ai confratelli di Salerno - che lo cedevano in fitto a propri fiduciari. che a loro volta lo subaffittavano ai locali.
A seguito dell'occupazione napoleonica (1806) i beni della Badìa, analogamente a molti altri beni ecclesiastici, vennero confiscati e venduti a privati cittadini: lo stesso edificio sacro venne requisito e destinato ad ospitare i soldati francesi.
Tra il secolo XVI ed il secolo XVIII la Badia di San Benedetto di Montella venne eretta in commenda, gestita da un rettore o commendatario che amministrava la Chiesa ed i suoi beni, percependone le rendite, mentre all'esercizio del culto provvedeva un sacerdote.
Il commendatario era spesso un importante ecclesiastico: nel 1591 risulta investito di tale titolo il Cardinale Aldobrandini, mentre, nel 1752, la Badia era posseduta, come consta dal catasto onciario (una sorta di censimento), "dallo eminentissimo cardinale Orsini".
Proprio in ragione del suo essere commenda cardinalizia, la Chiesa di San Benedetto restò autonoma dalla Collegiata e, all'atto della fondazione della stessa, non entrò a far parte del cosiddetto "capitolo".
Solo in epoca successiva accanto a quella della badìa venne edificata una chiesa parrocchiale, questa dipendente dal capitolo che l'amministrava tramite un vicario-curato.
Nel 1707, scrive infatti il Canonico Ciociola, "due chiese ivi esistevano, l'una col titolo di Badia e l'altra col titolo di Parrocchia".
Quest'ultima si rese indipendente dalla Collegiata nella seconda metà del secolo diciottesimo e nel 1855 venne dotata di propria fonte battesimale e del diritto di tenere propri registri, separati da quelli della Chiesa madre.
Sul finire del '700 (quando, per impulso del Vescovo di Nusco, Monsignor Bonavenura, quasi tutti gli edifici di culto di Montella vennero ampliati, ricostruiti od abbelliti) entrambe le chiese vennero demolite e sostituite dall'attuale.

Attigua alla chiesa di Sant'Anna o San Benedetto o come dir si voglia c'è la Confraternita dell'Immacolata Concezione.

Molti, per un equivoco originato dall'espressione «Immacolata Concezione», ritengono che l'espressione si riferisca al fatto che Maria abbia concepito suo figlio Gesù senza avere avuto rapporti con un uomo, cioè in maniera miracolosa. In altre parole, che l'abbia concepito senza commettere peccato, rimanendo immacolata. Si tratta di un errore, dato che il dogma si riferisce al concepimento di Maria e non a quello di Gesù.

Inoltre bisogna considerare che, se Maria avesse concepito il figlio Gesù a seguito di un rapporto fisico con suo marito Giuseppe, ella non avrebbe comunque commesso alcun peccato, né sarebbe stata ricoperta da alcuna macchia. Il matrimonio cristiano prevede, anzi auspica, la nascita di figli («Crescete e moltiplicatevi»), e senza dubbio l'atto di unione dei due sposi non è affatto una macchia, per nessuno. Questo è un fraintendimento, perché per il magistero cattolico concepire attraverso un rapporto sessuale all'interno del matrimonio non è un peccato, come nel secolo scorso ha affermato la dottrina basandosi (tra l'altro) sul libro della Genesi della Bibbia dove è Dio stesso che ordina: «Siate fecondi e moltiplicatevi» (Genesi 1,22). D'altra parte un altro dogma cattolico afferma che Maria dopo aver concepito suo figlio è rimasta sempre vergine, prima, durante e dopo il parto. Un miracolo di Dio, che comunque non ha nulla in comune con l'Immacolata Concezione, la quale riguarda solo la nascita di Maria. Maria è rimasta immune dal peccato originale grazie alla divina protezione di Dio, che ha ricevuto fin dall'inizio della sua esistenza.

L'Immacolata Concezione è un dogma cattolico, proclamato da papa Pio IX l'8 dicembre 1854 con la bolla Ineffabilis Deus, che sancisce come la Vergine Maria sia stata preservata immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento.

La Chiesa cattolica celebra la solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria l'8 dicembre.
L'8 settembre del 1857, papa Pio IX, ha inaugurato e benedetto a Roma (in Piazza di Spagna), il monumento dell'Immacolata.

Papa Pio XII, nel giorno dell'Immacolata Concezione, ha iniziato a inviare dei fiori come omaggio alla Vergine, il suo successore, papa Giovanni XXIII, nel 1958, lasciò il Vaticano e si recò personalmente in Italia, in Piazza di Spagna, per deporre ai piedi della Vergine Maria un cesto di rose bianche e successivamente fece visita alla basilica di Santa Maria Maggiore. Tale consuetudine è stata continuata anche dai papi Paolo VI, Giovanni Paolo II e oggi Benedetto XVI.

La visita in Piazza di Spagna, prevede un momento di preghiera, quale espressione della devozione popolare. L'omaggio all'Immacolata prevede il gesto della presentazione dei fiori, la lettura di un brano della Sacra Scrittura e di un brano della Dottrina della Chiesa cattolica, preghiere litaniche e alcuni canti mariani, tra cui il Tota pulchra.


Edited by Claudio Bozzacco - 16/3/2011, 11:30
 
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view post Posted on 6/12/2010, 09:24
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view post Posted on 14/3/2011, 18:25
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Gentili lettori,

Postata la lapide di Ferdinando Palatucci ripresa nel cimitero di Montella mi riservo di recarmi ad Amalfi dove nei pressi della facciata della splendida cattedrale, alla quale si giunge dopo una lunga e larga scalinata, c'è un'altra incisione che ricorda il sacerdote di Garzano.

Scelgo questo post per ricordare questi religiosi perchè a Montella il Cristianesimo lo portarono per primi i Benedettini.

Ringrazio Gianni Capone per la collaborazione. Ci siamo incontrati per caso nel convento di San Francesco domenica.
Cercavo delle foto che erano state scattate durante il primo palio del sacco, ma non le ho trovate, così ne abbiamo fatte di nuove su altri soggetti.

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view post Posted on 18/4/2011, 21:00
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Chiesa Madre
Domenica delle Palme 17 aprile 2011
Celebra Don Franco di Netta

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view post Posted on 23/4/2011, 07:54
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L'Agonia e la processione di gesù morto.



Edited by Claudio Bozzacco - 27/4/2011, 07:54
 
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Domenica di Pasqua 2011
Santuario Della Beata Vergine del Rosario di Pompei



Dopo la messa una visita agli scavi.
Sito archeologico nazionale.
Se durante la visita non siete con amici appassionati di storia Romana antecedente al 79 d.c., anno dell'eruzione del Vesuvio, prenotate una guida.

Interessante da vedere anche la cattedrale di San Giuseppe Vesuviano

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Edited by Claudio Bozzacco - 27/4/2011, 07:53
 
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... a proposito di San Giuseppe

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view post Posted on 19/2/2012, 12:52
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Buongiorno cari,
diversi sacerdoti montellesi sono rimasti nei nostri ricordi perchè oltre che alle pratiche religiose si dedicavano anche a studi di diversa natura. Uno di questi era il canonico Domenico Ciociola che ha scritto l'impianto principale della storia locale da dove poi lo Scandone poi ha sviluppato l'opera monolitica.
Lo stesso Ciociola ha ritrovato anche dei luoghi dove venivano messi in atto riti pagani.
Un'altra figura molto importante è quella di Mons Ferdinando Palatucci che oltra a saper fare il prete sapeva anche campare.

Costiera amalfitana Tra due mesi si conclude il settimo anno della scomparsa di un nobile di animo, di un figlio del popolo: mons. Ferdinando Palatucci: arcivescovo emerito di Amalfi-Cava dei Tirreni. Nato a Montella (prov, di Avellino) il 12 di aprile del 1915 da Saverio e Giuseppina Palatucci ( uno dei rami dell'antica casata le cui origini risalgono al sec,. XV°) Ferdinando rimase orfano del padre a soli quattro mesi, fu curato amorevolmente dalla madre (1893-1985) e affidato alle cure di uno zio paterno, don Salvatore Palatucci, parroco di san Silvestro a Montella, il quale lo avviò al Seminario di Montella; passò, poi, a quello di sant'Andrea di Conza (cominciò a comparire un Andrea nella vita di Ferdinando) e, più tardi a Salerno, dove frequentò il corso liceale e di teologia. Fu ordinato sacerdote il 24 luglio del 1938 per le mani di un altro zio religioso, mons. Giuseppe Palatucci, vescovo di Campagna di Salerno,sant'uomo che collaborò con il nipote questore per salvare gli Ebrei)della Collegiata , parroco di san Nicola,

sempre a Montella. D'intesa con lo zio Vescovo, cominciò con le ricerche sulla vita, l'opera e la tragica fine del familiare Giovanni Palatucci (1909-1945), questore reggente di Fiume, che aveva prestato un considerevole aiuto agli Ebrei, salvandone tanti da sicura morte, prima di essere scoperto ed avviato al campo di sterminio di Dachau, dove, purtroppo, morì il 10 febbraio del 1945. Don Ferdinando fu consacrato vescovo il 22 dicembre del 1968 nella collegiata di santa Maria del Piano di Montella da mons. Mojaski-Perelli, in seguito a nomina di Paolo VI°, prendendo possesso della diocesi di Nicastro l'11 febbraio del 1969. Dopo 13 anni, con atto pontifico del 30 gennaio, papa Giovanni Paolo II°, con due distinti atti, lo promosse Arcivescovo di Amalfi e lo nominò vescovo di Cava dei Tirreni. Incarico che durò fino al 28 luglio 1990, quando, ai sensi dell'art. 401 del Codice di Diritto Canonico, chiese ed ttenne le dimissioni per raggiunti limiti di età. Dimissioni che vennero respinte dalla Santa Sede con preghiera di restare ancora qualche anno; ma don Ferdinando era montanaro dalle decisione sempre ferme, per cui lasciò, anche perchè spinto da vari motivi che non staremo a raccontare, perchè la discrezione, davanti alla levatura di Ferdinando Palatucci, è d'obbligo. Trasmettiamo la lettera, partita dal Vaticano, a firma di Giovanni Paolo II°, il 2 luglio del 1988, in occasione del Giubileo sacerdotale di don Ferdinando.

"Tra i pensieri e le preoccupazioni che, in gran n umero e per fondati motivi, angustiano in questi ultimi tempi il nostro animo, Ci rende molto lieto, o Venerebile Fratello, il tuo ricordo, e Ci rallegra, nello stesso tempo l'essere stati informati dell'imminente celebrazione di un tuo anniversario felicemente ricorrente, col volere di Dio, il 24 di questo mese. Si compirà, infatti, quel giorno il cin quantesimo anno, da quando sei stato iniziato per sempre al Sacerdozio di Cristo e destinato a codesta lun ghissima carriera di sacro apostolato, che è stata così proficua sia alla tua diocesi natale, sia dopo quando sei stato insignito della diginità episcopale, alla Comunità di Nicastro ed alla Chiesa di Amalfi-Cava. Elogiamo la tua incessante operosità di Sacerdote e di Vescovo, operosità che Tu avevi consacrata anche al compimento dell'insegnaento e della predicazione, aiutando anche la locale Azione Cattolica. Perciò per questi ed altri motivi, con gioia Ci congratuliamo con Te per il cin quantesimo anniversario del tuo sacerdozio, e rin graziamo già ora, insieme a Te, il Divin Pastore, perchè ha reso così fruttuoso il tuo ministero nella Chiesa e così feconda di beni la tua opera per tanti uomini. Accetta, dunque, questa espressione del Nostro sentimento fraterno verso Te ed il Nostro benevolo saluto; accetta anche l'apostolica Benedizione, con la quale ti auguriamo un anniversario il più lieto possibile ed anche moltissime consolazioni dal Cielo, nella consapevolezza di aver bene operato per la Chiesa. Dalla Sede del Vaticano, anno decimo del Nostro Pontificato Giovanni Paolo II

Mons Ferdinando Palatucci diceva la messa qui
amalfi02g
Se volete venire a vedere vi porto.
:D
 
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view post Posted on 28/3/2012, 17:30
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Umberto Faia
view post Posted on 24/4/2016, 17:13




scusate gaspare virgilio dove ha preso la fonte che palatucci come casata risale al XV secolo
 
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view post Posted on 25/4/2016, 08:34
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Buongiorno caro ben venuto tra di noi. Pure ad Avellino studiate mons Ferdinando Palatucci? Chi ti scrive lo ha visto una volta negli anni '80 sul Ss Salvatore. Però ha sentite molte storie su di lui di quando stava a Montella e precisamente a Garzano. Viene molto venerato dove è stato vescovo. In particolare in provincia di Salerno. Alla cattedrale di Amalfi ci sta una lapide che riporta la lettera del papa Giovanni Paolo II indirizzata a lui. L'informazione sulla casata la prendemmo dal sito positanonews http://www.positanonews.it/articolo/44187/...cava-de-tirreni
 
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Umberto Faia
view post Posted on 25/4/2016, 16:38




CITAZIONE (Umberto Faia @ 24/4/2016, 18:13)
scusate gaspare virgilio dove ha preso la fonte che palatucci come casata risale al XV secolo
 
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