Il nido dell'Aquila

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Percival
view post Posted on 20/12/2009, 16:14




:shifty:

Attached Image: aq6.jpg

aq6.jpg

 
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Scipioneafricano
view post Posted on 20/12/2009, 16:15




perbacco sembra un aereo militare :D, scommetto che dal vivo è ancora più impressionante...beati voi...
ma il nido allora lo avete scoperto?
siete riusciti a localizzarlo più o meno?
sarebbe grandioso poter scattare qualche foto al nido però chissà dove sarà...su qualche precipizio irraggiungibile e infotografabile...
vabbè aspetto ulteriori aggiornamenti.
ciaoooo
 
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Percival
view post Posted on 20/12/2009, 16:21




Ciao Scipio....
Credo che il Nido sia in mezzo a queste rocce.
Qui. infatti. si è verificato l'avvistamento, alle ore 14:15 circa mentre tornavo dalla Cascata della Tufara.

Attached Image: aq7.jpg

aq7.jpg

 
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Percival
view post Posted on 20/12/2009, 16:24




Il cospicuo volatile ha fatto più volte la spola tra Saxetum (a dx nella foto) e Cercetano (a sx nella foto), restando visibile per alcuni minuti, poi è sparito tra le nubi.
Ho avuto anche il tempo di girare un piccolo filmato.

Attached Image: aq8.jpg

aq8.jpg

 
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Percival
view post Posted on 20/12/2009, 16:54




Ecco il video


 
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Percival
view post Posted on 20/12/2009, 18:26




:B):

Attached Image: aquila_gipeto_sagoma.jpg

aquila_gipeto_sagoma.jpg

 
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Percival
view post Posted on 22/12/2009, 10:04




Altre immagini dell'escursione di domenica.

Il Torrente Iumiciello (foto sotto) è uno degli affluenti che contribuiscono alla nascita del fiume Calore.
Sorge a Verteglia tra il Varco della Creta ed il Fosso della Campana e, scorrendo nell'ampia valle che separa Sassetano da Cercetano, confluisce nel torrente Scorzella.
A causa della probabile presenza di un inghiottitoio le acque provenienti da Verteglia non sempre riescono a raggiungerea il confluente con la Scorzella, per cui la parte finale di Iumiciello a meno di copiose precipitazioni meteoriche è spesso in secca.

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Guardando verso Verteglia lungo l'asse del torrente, alla vostra sinistra potrete osservare il Monte Cercetano con le sue scoscese e rocciose pareti.
Non a caso la zona è detta nel dialetto locale "li Ripuni".

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Il tossicissimo elleboro (Helleborus Foetidus). Una delle essenze più diffuse in zona.

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Risalendo Iumiciello si perviene alla Cascata (ma sarebbe meglio dire "salto") dello Scannolaro, con la quale il letto del torrente compensa buona parte del dislivello altimetrico totale tra la sorgente e la foce.
Si tratta in realtà di un complesso di cascate e cascatelle che confluiscono l'una nell'altra, come meglio si può osservare recandosi sul posto dopo forti piogge o nel periodo dello scioglimento delle nevi.

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Edited by Percival - 22/12/2009, 10:36
 
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Percival
view post Posted on 25/12/2009, 11:01






Aspetti generali
L'aquila reale è un rapace maestoso e imponente, simbolo incontrastato delle montagne dirupate e delle pareti rocciose.
Il nome scientifico di questo animale (Aquila chrysaetos) indica
una caratteristica del piumaggio: "chrysaetos" significa in greco "aquila dorata", a causa del colore fulvo dorato delle piume della parte superiore del collo e del capo. Il resto del corpo è di colore bruno scuro con l'eccezione, nei giovani, di zone chiare evidenti nella parte inferiore della
coda e delle ali. Questi spazi vanno via via riducendosi, fino a scomparire dopo circa 6 anni, in seguito a una serie di mute intermedie.
Maschi e femmine sono simili e possono differenziarsi per le dimensioni: leggermente superiori nella femmina che può raggiungere i 6,5 chilogrammi di peso (contro i circa 4,5 del maschio).
L’apertura alare è notevole, potendo raggiungere i 190-230 centimetri.

Nonostante l’aquila riesca a sollevare pesi superiori alla sua massa corporea, bisogna subito sfatare il mito che la vede protagonista di attacchi e catture a danno di specie troppo grosse per la sua taglia. Questo rapace preda animali delle dimensioni di una volpe, o di un giovane erbivoro (camoscio, capriolo), con pesi che raggiungono al massimo i 6-7 chilogrammi, anche se più frequentemente cattura prede di peso compreso tra 1 e 3 chilogrammi.
Caccia soprattutto mammiferi di medie dimensioni (marmotte, lepri, faine, scoiattoli), uccelli (pernici, coturnici, corvidi, altri rapaci) e altri animali di piccola e media taglia. Adulti di ungulati possono venire attaccati su cenge e costoni impervi; in questi casi l’aquila cerca con ripetute picchiate di far precipitare l’animale, per poi mangiarlo sul posto.
La convinzione che l’aquila attacchi ungulati selvatici adulti, pecore, vitelli e persino cervi deriva dal fatto che spesso viene vista cibarsi delle carogne di questi animali, soprattutto nel periodo invernale, nel quale diminuisce la disponibilità di prede vive.

La predazione di animali domestici è spesso esagerata: tale fatto, anche se non raro, è sempre irrilevante rispetto al patrimonio zootecnico disponibile, per la bassa densità naturale di questo rapace.
La disponibilità di prede è un fattore molto importante che influenza la prolificità di questa specie: è stato dimostrato che, se in un determinato territorio la presenza di potenziali prede è elevata, la percentuale di schiusa delle uova e la sopravvivenza dei pulcini aumenta
sensibilmente.
La reintroduzione della marmotta nei territori del Parco ha sicuramente giovato all’aquila reale, che ha ora a disposizione una risorsa che può rilevarsi indispensabile.
Nelle Alpi francesi, dove la popolazione di marmotte è consistente, questo grosso roditore può rappresentare fino all’83% delle prede totali.

L’aquila frequenta ambienti, montani con preferenza per i pascoli d’alta quota e le grandi valli, sempre però in prossimità di pareti rocciose a strapiombo e di cenge esposte, sulle quali nidifica.
In ambiente alpino, la varietà di habitat disponibili e la presenza di prede potrebbe assicurare la sopravvivenza ottimale di questo rapace, garantendo una buona consistenza di popolazione; la causa della sua rarefazione è senz’altro da attribuire all’influenza umana.
Sebbene in alcuni ambiti vi sia ancora la credenza (errata) che l’aquila possa recare danni al bestiame o competere con i cacciatori per quanto concerne la cattura di selvaggina, non è il bracconaggio (fenomeno peraltro ridottosi in questi ultimi anni) l’unica fonte di disturbo per questo animale.
A danneggiarla sono anche i costruttori di strade, il turismo sregolato (anche da parte di birdwatchers poco discreti e irrispettosi) e gli scalatori di roccia, che spesso si allenano su pareti idonee alla nidificazione, che vengono per questo motivo abbandonate.
È bene ricordare che l’aquila, essendo un predatore secondario, ha un enorme territorio di caccia che si può estendere per moltissimi chilometri quadrati, e non presenta mai densità elevate.
È facile intuire quindi che il prelievo o la scomparsa di pochi esemplari può seriamente mettere a rischio i delicati equilibri di questa splendida specie, simbolo di libertà e personificazione della montagna.

Organizzazione sociale

Le coppie di aquila reale rinsaldano i loro legami monogamici già in inverno, dando inizio alle parate nuziali (molto caratteristico è il “volo a festoni”).
Durante questa fase non tollerano la presenza dei giovani e li allontanano.
Ogni coppia dispone di un numero di nidi variabile tra 2 e 5 (in Regione al massimo 7), in genere non lontani tra loro, che rioccupa a rotazione senza regola fissa. Vengono costruiti su cenge o in anfratti rocciosi; la nidificazione su alberi è poco frequente nelle Alpi orientali. Il nido prescelto
viene rinnovato con nuovo materiale, il cui apporto non cessa durante la cova e l’allevamento della prole.

La deposizione delle 2 uova (spesso 1, raramente 3) ha luogo tra metà marzo e inizio aprile.
L’incubazione dura più di 40 giorni ed è compito preponderante della femmina. La coppia collabora nell’allevamento dei piccoli che vengono nutriti prevalentemente dalla femmina, con il cibo procurato dal maschio. I nuovi nati abbandonano il nido a partire dalla prima settimana di
luglio, dopo 65-80 giorni dalla nascita. Spesso è uno solo a prendere il volo, in quanto sono piuttosto frequenti episodi di “cainismo”, soprattutto quando il primo nato è una femmina o se vi è particolare carenza di cibo.
In ogni caso è sempre il secondo nato a soccombere, a meno che
non riesca a superare le tre settimane di vita. I giovani, per alimentarsi, dipendono ancora dagli adulti per altri 2 o 3 mesi, ma rimangono con essi fino alla fine dell’inverno.

La maturità sessuale è raggiunta dopo 4 anni di vita, ma in genere i giovani soggetti immaturi abbandonano presto il territorio dove sono nati e diventano errabondi, spesso spingendosi nella fascia pedemontana fino alla pianura. Sono stati avvistati, tra l’altro, diversi giovani nei pressi dei
greti dei torrenti Cellina e Meduna e nella zona dei magredi, dove riescono a sopravvivere per periodi più o meno lunghi anche grazie alla presenza della lepre, per loro facile preda.

Morfologia e adattamento
L’aquila reale presenta le caratteristiche fisiche che compaiono nella maggior parte dei rapaci; ciò che la distingue dagli altri sono soprattutto le dimensioni.
Osservando il cranio di un’aquila, si nota subito il notevole spazio occupato dalle cavità oculari.
Tale caratteristica ci fa intuire quanto sia importante la vista per questo rapace, che individua le prede dall’alto per poi sorprenderle con attacchi fulminei.

Altrettanto importante è la velocità e il controllo delle correnti aeree montane; nella sua evoluzione l’aquila ha sviluppato ali di ampiezza straordinaria, dotate di penne che all’occorrenza possono essere inclinate per dirigere il volo aiutandosi con la lunga coda che funge da timone.
Per intuire quanto le sue forme siano legate al tipo di volo, è sufficiente
confrontare la sua sagoma con quella dell’astore, rapace di medie dimensioni che caccia in bosco volando tra gli alberi e che ha perciò ali corte e coda lunga, per manovre rapide in poco spazio. L’aquila necessita invece di spazi aperti, dove può dominare le correnti d’aria senza
sbattere frequentemente le ali.

Una volta individuata una preda, la afferra con le robuste zampe, dotate di artigli uncinati, impedendone la fuga. La forza esercitata nella presa è in grado di uccidere l’animale catturato: gli artigli possono sfondare il cranio o penetrare nella schiena e nella cassa toracica. Anche il robusto becco adunco rivela le abitudini da predatore: agisce come un bisturi, dilaniando la pelle coriacea di diversi mammiferi per raggiungere le interiora o altre parti tenere come le spalle o le cosce, dalle quali può prelevare fino ad un chilogrammo di carne per volta.

Distinzione dalla Poiana
Anche se può sembrare strano, molte persone confondono la poiana con l’aquila. A dire la verità, quello che condiziona i giudizi dell’avvistamento non sono tanto la sagoma e le proporzioni dell’animale, quanto invece l’ambiente nel quale viene fatta l’osservazione.
Valli chiuse con pareti impervie, creste rocciose e in genere qualsiasi ambiente altomontano evocano immediatamente il maestoso rapace; non stupisce quindi che spesso il desiderio di poter comunicare l’importante osservazione induca a convincersi di vedere quello che si vuole
vedere. In effetti, tra tutti i rapaci che possono da lontano essere confusi con l’aquila reale, la poiana è quella che si nota più facilmente in montagna.

Se è vero che molte poiane vengono scambiate per aquile, è più difficile che avvenga il contrario, cioè che un’aquila sia confusa con una poiana tanto è chiaramente “da aquila” la sua sagoma.
Esistono ad ogni modo alcuni accorgimenti per agevolare la distinzione, tenendo presente che però a distanze elevate è difficile farsi un’idea su grandezze e proporzioni.
1) Le ali dell’aquila in rapporto al corpo sono più lunghe. Anche se sembra scontato ripeterlo, bisogna ricordare che nell’aquila reale le ali sono veramente lunghe.
2) Rispetto alla tozza coda della poiana, quella dell’aquila reale è più lunga: è lunga almeno quanto la larghezza dell’ala.
3) La testa è più affusolata e sporgente in fuori.
4) In volteggio la poiana pone le ali in una forte “V” verso l’alto, mentre l’aquila realizza una “V” più moderata. Inoltre, le ali dell’aquila si vedono inarcate in due parti: lievemente inarcato il “braccio” e più inarcate le penne primarie terminali della “mano”. Da lontano questa differenza non si nota, anche se la “V” dell’aquila appare grande e larga.
5) L’aquila in caccia vola bassa rasentando le montagne, anche se la si vede spesso volteggiare in alto. La poiana sta posata alla posta o la si vede volteggiare in cerchi concentrici.
6) Il sott’ala dell’aquila appare nettamente macchiato di bianco nei giovani o completamente scuro negli adulti. Quello della poiana è spesso variegato irregolarmente di chiaro scuro.
7) In volteggio l’aquila mostra ben aperte le cinque “dita” (le penne primarie) della “mano” con un aspetto molto più evidentemente digitato rispetto alla poiana. Le primarie possono anche essere tenute più ravvicinate, a seconda delle condizioni del vento.


http://www.parcodolomitifriulane.it/adv.ph...7&fn=0000000303
 
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Percival
view post Posted on 15/1/2010, 12:38




ASSOCIAZIONE “TUTELA RAPACI” : LA NIDIFICAZIONE DELL’AQUILA REALE IN IRPINIA

Uno dei più recenti congressi sull'Aquila reale 13 e 14 giugno 2009: ornitologi dell’Associazione per la Tutela degli Uccelli Rapaci e dei loro Ambienti (ALTURA) provenienti da tutta Italia a Nusco ospiti dell’Osservatorio della Biodiversità dei Monti Picentini, realizzato dalla Comunità Montana Terminio Cervialto, dal Parco regionale dei Monti Picentini e dal Comune di Nusco e gestito dall’Associazione Studi Naturalistici – onlus.



Dopo un saluto del Coordinatore dell’Osservatorio Antonio Prudente e del Vicepresidente dell’Associazione Studi Naturalistici Sabatino Troisi, tre relazioni aprono i lavori: i danni ambientali prodotti in Campania e Basilicata in particolare nelle aree protette (Parchi nazionali, regionali, Riserve naturali, Aree di interesse comunitario – zone di protezione speciale ZPS e siti di interesse comunitario SIC) con i fondi europei destinati alla protezione dell’ambiente a cura di Mario Kalby; le tematiche connesse alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e i relativi problemi ambientali, legati in particolare alla grande diffusione dell’eolico, relazione di Gerardo Montanino; la situazione dell’aquila reale nell’Appennino centrale a cura di Fabio Borlenghi.

Tra i presenti Guido Ceccolini ideatore e coordinatore del progetto di reintroduzione del Capovaccaio in Italia e del Centro di riproduzione del Capovaccaio in Toscana. Il Capovaccaio (Neophron percnopterus), è una specie rarissima di avvoltoio, è andato man mano scomparendo dall’Europa a causa di persecuzioni dirette, del disturbo nei siti di nidificazione e delle campagne di avvelenamento dei predatori come volpi e lupi, i cui cadaveri a loro volta avvelenano gli avvoltoi.
Il declino è stato tanto drammatico che attualmente in Italia nidificano soltanto 12-15 coppie, tutte nel Mezzogiorno e Sicilia.

Tonio Sigismondi naturalista della Regione Puglia e responsabile di numerosi progetti di tutela di alcune rare specie di Falconiformi, Lanario e Grillaio, in Puglia e Basilicata.

Stefano Allavena, presidente di Altura, tra i più severi critici della smodata proliferazione degli impianti eolici anche in aree con elevati livelli di biodiversità, persona dotata di esperienza e amante della natura, e per essa si è speso nell’esercizio della propria professione nel Corpo Forestale dello Stato, numerosi sono stati i progetti diretti e realizzati nel corso della sua carriera come i progetti Life del Corpo Forestale per i ripopolamenti naturali di specie animali selvatiche in via di estinzione, in particolare la reintroduzione del Grifone in Abruzzo (un avvoltoio estinto nell’Italia peninsulare e presente solo in Sardegna).

Domenica 14 giugno gli ornitologi sono stati guidati ad osservare la nidificazione dell’Aquila reale e le sorgenti del Calore irpino nel Comune di Montella.
 
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23 replies since 14/11/2009, 12:10   1845 views
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