WILHELM REICH - Sesso e Potere

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view post Posted on 2/10/2007, 18:02
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WILHELM REICH

A cura di Diego Fusaro


Il pensiero di Wilhelm Reich si presenta in bilico tra freudismo e marxismo, dei quali tenta una sapiente quanto ardita sintesi, proiettandosi in tal senso verso un filone della psicoanalisi che potremmo definire "ereticale": ne nacque un freudo/marxismo a cui aderì a pieno titolo lo stesso Marcuse. Reich nasce nel 1897 a Dobrzcynica – in Galizia – in una famiglia di agricoltori di lingua tedesca; quando nel 1920 era ancora studente di medicina, già era socio attivo nella Società psicoanalitica di Vienna, sperimentando la terapia delle nevrosi non nella separatezza del rapporto privato analista/cliente (quest’ultimo solitamente appartenente alla borghesia), bensì a contatto con gente ampia e proveniente dalle classi sociali più disparate. Nel 1927, poi, aderisce ufficialmente al Partito comunista: e il frutto di tale adesione, oltreché del contatto con gente delle più diverse (e basse) classi sociali, fa affiorare in lui la convinzione dell’improponibilità della psicoterapia individuale, così prolungata nel tempo e accessibile solo ad un ristretto numero di pazienti privilegiati 8delle classi sociali superiori), per la cura di disturbi nevrotici largamente diffusi presso tutte le fasce sociali. In secondo luogo, comincia ad affiorare in Reich la convinzione dell’esistenza di un nesso tra repressione sociale e logica del potere, da una parte, e repressione della sessualità, dall’altra (nesso su cui insisterà tantissimo Marcuse). Soprattutto la militanza nelle file del partito comunista permette a Reich di scoprire, grazie all’istituzione di appositi centri popolarfi di igiene sessuale, quella che egli avrebbe più tardi definito la "materia sessuale di massa" (nevrosi, aborti in clandestinità, disinformazione sessuale, perversioni, nevrosi, angosce giovanili, impossibilità di una sana e soddisfacente vita sessuale, e così via). Da questa esperienza medico/sociale/politica Reich trae gli elementi per fare i conti con la teoria e la pratica terapeutica freudiana, cosa che lo conduce rapidamente verso posizioni di aperta dissidenza con Freud, di cui sono fulgida testimonianza alcuni scritti risalenti a quegli anni: La funzione dell’orgasmo (1927) e Materialismo dialettico e psicoanalisi (1929). Nel 1930 Reich si trasferisce a Berlino per sottrarsi alla diffidenza e ai sospetti che su di lui gravavano da parte dei freudiani ortodossi: a Berlino milita in prima linea nel partito comunista tedesco e pubblica le sue opere più importanti, quali L’irruzione della morale sessuale coercitiva (1932), La lotta sessuale dei giovani (1932), Analisi del carattere (1933), La psicologia di massa del fascismo (1933) e, infine, La rivoluzione sessuale (1936). In rotta con il partito fin dal 1932 a causa della sua propaganda tra i giovani iscritti e per le posizioni propugnate nel saggio La psicologia di massa del fascismo (dove individua nel fascismo "l’espressione politicamente organizzata della struttura caratteriale umana media" in quanto costituisce "l’atteggiamento fondamentale dell’uomo autoritariamente represso dalla civiltà delle macchine"), Reich è anche bandito – nel 1934 – dalla "Società psicoanalitica internazionale", mentre già si trova a vagabondare per l’Europa per sottrarsi al nazismo oramai dilagante. Nel 1939 si trasferisce negli Stati Uniti, dove inaugura una nuova fase della sua vita e della sua riflessione. In sintonia con Freud per quel che concerne l’eziologia sessuale dei disturbi nevrotici, ed in particolar modo con gli orientamenti del primo Freud (quello del saggio su La morale sessuale ‘civile’ e il nervosismo moderno, del 1908), Reich esprime il suo totale dissenso nei confronti della svolta – da lui definita "idealistica" – operata da Freud in Al di là del principio di piacere e Il disagio della civiltà. Muovendo da un presupposto di remota ascendenza rousseauiana, secondo il quale la natura umana sarebbe in origine integra, pura, incontaminata negli istinti e genuinamente rivolta alla felicità (in primis a quella sessuale), egli nega che si possa parlare di un impulso distruttivo originario come quello freudiano di Thanatos che, al contrario, sarebbe un derivato della repressione degli istinti, soprattutto della repressione sessuale cui gli uomini sono sottoposti dal condizionamento sociale. Per quel che riguarda le tesi frudiane disvelantisi in Disagio della civiltà, Reich obietta che il discorso di Freud è viziato da un concetto destoricizzato di civiltà, cosicchè il sacrificio della pulsione sessuale, che viene inteso come inevitabile per garantire gli interessi della civiltà in generale, è in realtà richiesto da un determinato tipo di civiltà, ossia quella particolare civiltà caratterizzata dai rapporti sociali e dal sistema economico capitalistico. Il principio di realtà – da Freud assunto senza chiarire di qual realtà si tratti – si configura allora come una bieca mistificazione aberrante: per non parlare poi del fatto che la sublimazione, proposta da Freud come modo di risolvere il conflitto libido/civiltà, è in effetti praticabile esclusivamente dai privilegiati (ovvero i borghesi) che frequentano il salotto dello psicanalista, mentre il proletariato (a cui Reich rivolge la propria attenzione) ne resta inevitabilmente escluso in partenza, non potendosi economicamente permettere tale lusso. Del resto anche il primo Freud, condizionato com’era dall’assenza di una preparazione sociologica e da idee politiche piuttosto conservatrici (e caotiche), non avrebbe condotto alle sue ultime necessarie conseguenze la teoria dell’origine sessuale della nevrosi, accontentandosi di ottenere – grazie al trattamento terapeutico – la liberazione del paziente dalla rimozione inconscio delle pulsioni, e di sostituirla con la rinuncia consapevole delle passioni stesse. Un tale esito è da Reich rigettato: egli si convince che la nevrosi sorga, per l’appunto, dalla rinuncia alla soddisfazione della sessualità genitale, tanto da fare – già in La funzione dell’orgasmo (1927) – delle "nevrosi attuali", provocate non dai conflitti rimossi dell’infanzia bensì da un inappagamento sessuale nel presente, l’origine anche delle psiconevrosi approfondite da Freud. Siffatta origine viene ricercata nell’ "impotenza orgastica", ovvero nell’incapacità – indotta dalle resistenze antipulsionali – di donarsi interamente nell’amplesso genitale, attraverso un completo abbandono, con la conseguente scarica completa dell’eccitazione. L’energia vitale non liberata provocherebbe un ingorgo nell’organismo – la "stasi sessuale" – responsabile di fornire ai sintomi nevrotici una sorgente continua di energie. E così la guarigione della nevrosi richiede secondo Reich una vita sessuale caratterizzata dal recupero della pienezza della potenza orgastica. Ma all’origine delle difficoltà della sessualità genitale – cui Reich riconosce freudianamente un primato incontrastato nella vita sessuale umana – si nasconde la repressione sociale della sessualità.La miseria sessuale delle masse, inestricabilmente intrecciata com’è alla miseria sociale, ne è una prova inappellabile; negli stessi anni in cui prendono avvio – grazie alla Scuola di Francoforte – gli studi sull’autorità, la famiglia, i condizionamenti culturali, Reich è fra i primi a mettere in evidenza la funzione repressiva della sessualità cui assolve la famiglia, attraverso l'educazione sessuofobica dei bambini e dei giovani, la proibizione dei rapporti sessuali prima e al di fuori del matrimonio, il forte condizionamento di istituzioni come il matrimonio monogamico. La lettura dello scritto di Engels sull’Origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato, la critica serrata condotta da Malinowski contro la pretesa universalità del complesso edipico, agevolano Reich nel consolidare questi suoi orientamenti. In linea generale, egli conclude che la funzione repressiva svolta dalla famiglia si inserisce in un ordinamento sociale come quello capitalistico, interessato a imporre alle classi subalterne non soltanto il dominio materiale ed economico della classe egemonica, ma anche la propria ideologia, quale puntello essenziale di quello stesso dominio. L’introiezione di massa dell’ideologia sessuofobica favorisce infatti la formazione di individui passivi, acritici, disposti ad essere piegati e sottomessi senza opporre resistenza: questo è quanto si può ricavare dalla teoria di Reich sul carattere, quale viene tratteggiata nell’opera Analisi del carattere, in cui Reich sostiene che ogni individui possiede una sorta di natura caratteriale mediante la quale si difende dagli stimoli provenienti dal mondo esterno o dal proprio inconscio. Essa, indotta dalla struttura sociale in cui una persona si trova a vivere, ne limita più o meno gravemente la mobilità psichica: l’arduo compito della terapia analitica sarà allora quello di aprirvi dei varchi, onde liberarne le energie imprigionate dell’uomo. L’armatura caratteriale è formata da più strati, fungenti da linee di difesa inconsce nei confronti degli impulsi non tollerati dalla società, e che irrigidiscono entro modelli stereotipati la condotta della persona: uno superficiale, che rende disponibile l’individuo nei confronti del ruolo e della responsabilità che riveste nella vita sociale, un secondo sottostante, corrispondente al rimosso freudiano, costituito dagli impulsi aggressivi e perversi conseguenti all’azione repressiva della società. Nel profondo si nasconde il nucleo biologico costitutivo della natura originaria dell’uomo, soffocato dalle strutture sovrastanti. Con questa impalcatura teorica, Reich conduce a Vienna e, soprattutto, a Berlino la sua battaglia per la liberazione sessuale: nel 1931 promuove Sexpol, l’Associazione per una politica sessuale proletaria che finisce per coinvolgere quasi cinquantamila giovani nella prospettiva di una lotta anticapitalistica, il cui esito vittorioso soltanto può creare i presupposti per un’autentica liberazione sessuale. Per il Sexpol Reich scrive La lotta sessuale dei giovani (1931), in cui sviluppa la sua tesi sull’origine sociale dei disturbi sessuali dei giovani: l’autoritarismo e la repressione sessuale all’interno della famiglia impediscono lo sviluppo della volontà di lottare negli individui, per questo Reich si propone con la sua associazione di aiutare i giovani a liberare la propria sessualità come presupposto per un pieno sviluppo della loro capacità critica, dell’attività intellettuale e della lotta politica. Il grande merito di Reich è stato quello di aver atteso per primo al progetto teorico di conciliar fra loro psicoanalisi e marxismo, salvaguardando la prima dalla deriva idealistica avviata con l’abbandono da parte di Freud del panedonismo originario (istanza accentuatasi in Jung e Adler) e liberando il secondo dai suoi limiti economicistici. Psicoanalisi e marxismo sono da Reich concepiti prospettive parziali e insufficienti se non incollate fra loro, efficaci solo e soltanto se integrati, in modo tale da penetrare la dialettica psicosociale dell’uomo. Alla psicoanalisi il marxismo può offrire il contesto sociologico che le manca per esprimere le potenzialità di contestazione radicale dell’assetto sociale che pure essa racchiude in sé, ma che il suo rapporto di convivenza con la cultura e la società borghesi le ha sempre fatto sacrificare. La psicoanalisi, sull’altro versante, è capace di colmare il deficit di psicologia sociale che impedisce al materialismo storico di liberarsi da interpretazioni meramente economicistiche della realtà sociale. Non è ad esempio sufficiente che i comunisti spieghino il fenomeno di massa del fascismo con la tesi (che pure presenta una sua parziale verità) secondo cui esso costituirebbe la reazione di classe del capitalismo contro l’ascesa del proletariato e sarebbe la conseguenza del fallimento della politica socialdemocratica; arrestarsi a queste spiegazioni vuol dire non poter spiegare come sia stato possibile al nazifascismo ottenere il consenso delle masse popolari, in un’epoca in cui (stando a Reich) vi sarebbero tutti i presupposti economici per la crisi del capitalismo e il suo violento tramonto attraverso la rivoluzione socialista. A tal proposito, così scrive Reich in Psicologia di massa del fascismo: "non sarebbe più logico chiedersi che cos’è, nelle masse e dentro le masse, a render loro impossibile di riconoscere la vera funzione del fascismo? Le solite formule: ‘i lavoratori debbono rendersi conto…’, o le autocritiche del tipo ‘noi non abbiamo capito che…’ non servono a nulla. ‘Perché’ i lavoratori non si rendono conto e ‘perché’ noi non abbiamo capito?". Ed è qui che la psicoanalisi giunge in soccorso: essa è infatti capace di spiegare comportamenti politici delle masse che non sarebbero mai derivabili dagli interessi economici: l’analisi del carattere, lo studio della famiglia patriarcale e piccolo-borghese e della sua funzione altamente repressiva, permettono di capire la struttura caratteriale di tipo autoritario, indotta dal potere dominante tra le masse, che le ha portate a interiorizzare il rispetto e l’accettazione del capo, estremo esito di quella castrazione dell’individuo iniziata dalla famiglia, nel rapporto del figlio con l’autorità del padre. Già Freud aveva notato che il fantomatico "imperativo categorico" di Kant altro non era se non l’interiorizzazione di leggi imposte dalla società; ora Reich arriva a dire, in maniera piuttosto simile, che l’autorità sviluppantesi nella famiglia viene introiettata dall’individuo e da questi sentita come legge morale. Siffatti orientamenti di Reich incontrarono profonde ostilità tanto nella Società psicoanalitica quanto all’interno del partito comunista tedesco, il quale restava dogmaticamente fermo all’economicismo della tradizione marxista e non disponibile – per la sua stessa struttura autoritaria – ad accettare la linea politica della Sexpol, in un’epoca in cui anche in Urss erano tornati in auge – con quella feroce dittatura che fu lo stalinismo – il culto dell’autorità (Stalin era visto quasi come un Dio in terra) e della famiglia, nonché il sospetto nei confronti della sessualità. Il periodo americano di Reich – periodo che va dal 1939 fino alla morte del filosofo – segna il suo distacco dal marxismo e il prevalere di quella tendenza alla radicale biologizzazione della libido, denudata da ogni segno culturale, i cui inizi erano già avvertibili nella teoria del nucleo biologico del carattere. Egli converte gradualmente il trattamento analitico della nevrosi in medicina psicosomatica e vegetoterapia (una specie di manipolazione del corpo del paziente, volta alla soluzione delle rigidità muscolari responsabili della corazza caratteriale), e soprattutto va alla ricerca dell’orgone, l’ipotetica energia cosmica bioelettrica primordiale imprigionabile in speciali accumulatori organici, di cui una manifestazione sarebbe anche l’energia sessuale. Si tratta – è evidente – di aspetti deliranti che contrassegneranno sempre più queste fantasiose e suggestive (nonché bizzarre) ricerche, fino alla morte di Reich – avvenuta nel 1957 in carcere, dopo che era stato condannato per ciarlataneria da un tribunale degli Stati Uniti (presunti) liberali e democratici.

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Edited by Claudio Bozzacco - 18/11/2009, 09:40
 
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view post Posted on 18/1/2010, 16:49
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Amore e sesso, la difficoltà
di far convivere due linguaggi


Per qualcuno la sessualità è indispensabile, altri ne fanno ameno per lunghi periodi, altri ancora hanno scelto di restare casti. Anche il grande amore può essere più o meno erotico. Per alcuni l'erotismo è indispensabile, i loro corpi si cercano come se fossero affamati. Per altri l'amore è soprattutto intimità spirituale, convivenza quotidiana, cura reciproca. Ciascuno di noi si colloca all'interno di uno di questi schemi mentali e fisici e, se è quello adatto, si sente bene e completo. Credo sia opportuno ripetere queste cose perché oggi i sessuologi cercano di imporre un unico modello a tutti, e non si rendono conto di esercitare, in questo modo, una vera e propria violenza.

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La grande diversità nel rapporto fra sessualità e amore in Occidente ha alla sua base una separazione abissale che risale perlomeno a duemila anni fa. Il linguaggio dell'amore, dalle poesie di Dante, di Petrarca o di Neruda, dal «Roman de la Rose» ad «Anna Karenina» a «Love Story» ha al suo centro la mancanza, la perdita, lo spasimo dell'attesa, ed è sempre alimentato dalla sofferenza e dal patire. Quando appare il sesso, il piacere fisico, il godimento dei corpi, l'amore si ritira, svanisce. In Occidente non sappiamo usare il linguaggio erotico per l'amore. Il linguaggio erotico viene usato solo in tre casi. Il primo è quello dello scherzo, della battuta come in «Sex and the City», o nei discorsi della Littizzetto. Il secondo caso è quello del disprezzo e della violenza come nel libro «Porci con le ali» o nelle opere del Marchese de Sade. Il terzo è pura pornografia. In tutti i casi il discorso erotico finisce sempre al di fuori dell'amore, della passione. Concludendo, in duemila anni di storia sesso e amore sono stati separati e non esiste ancora un linguaggio scritto per raccontare un grande sincero amore erotico totale. Nel libro «Sesso e amore» ho studiato tutti i passaggi fra la sessualità pornografica e violenta andando a quella personale, poi all'innamoramento, fino all'amore consolidato e felice. E mi sono accorto che non c'è un solo luogo dove sesso e amore, emozione e godimento si fondono e convivono. Per questo ho volutamente scritto dei dialoghi degli amanti a un tempo appassionatamente amorosi e intensamente erotici. Io non ci sarò forse riuscito, ma sono convinto che si tratta di un traguardo che dovremo realizzare nel futuro, oppure saremo sempre emotivamente schizofrenici e non dovremo meravigliarci se gli amori e i matrimoni durano poco.

Francesco Alberoni

Edited by Claudio Bozzacco - 25/1/2010, 19:36
 
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view post Posted on 11/7/2012, 07:12
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Gentili amici,

di recente mi sono intrattenuto con un gruppo di ricercatori della spiritualità e del benessere.

Cascata della Lavandaia del fiume Calore. La cascata viene chiamata della lavandaia perchè ai margini del fiume che scorre a valle venivano le lavandaie a lavare i panni.
Un giorno una lavandaia solitaria fu prima violentata e poi uccisa da un signorotto del luogo.
Quindi una cattiva fruizione della sessualità comporta effetti collaterali.
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Il gruppo che si è ritrovato lungo le sponde del limpido fiume calore ha sviluppato le teorie di Wilhelm Reich e di Rudolf Steiner.
Sembra che questo tipo di esperienze più sono intense quanto più sono condivise.
Alcuni per mezzo dei media vorrebbero totalizzare queste esperienze.
Nel senso di renderle fruibili a tutti gratuitamente.
:D :D :D

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Edited by Percival - 5/9/2012, 18:20
 
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view post Posted on 25/8/2012, 13:26
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«Con donne, uomini e anche da sola». La bella attrice Cameron Diaz confessa la sua passione per l'eros in tutte le sue sfaccettature. Nelle sue parole: «I love sex». La confessione arriva in un'intervista esclusiva al mensile Max. «Le donne? È capitato... - ha ammesso - Non sono lesbica, ma nemmeno contraria». E se potesse scegliere una donna famosa con cui fare sesso, la sua preferenza cadrebbe su tre «belle e intelligenti»: Heidi Klum, Katie Holmes o Julianne Moore.

MEGLIO DEI MEDICINALI - «Ho sempre ammesso la mia fissazione, il sesso fa bene alla salute e solleva lo spirito - ha affermato l'attrice californiana -. E quando sei in crisi, farlo più volte al giorno aiuta di più che ricorrere a droghe, alcol e medicine. Io sono sempre in giro, da un set all'altro. Non sai quante volte ho preso l'aereo dopo una giornata di lavoro intenso solo per andare dal mio partner».

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SEX SYMBOL - Sarà l'aria estiva a fare schizzare alle stelle gli ormoni di Cameron, o più semplicemente le riprese del suo nuovo film «The Counselor», in cui recita con tre riconosciuti sex symbol del grande schermo. «Sto lavorando con Michael Fassbender, Brad Pitt e Javier Bardem - ha rivelato la Charliès Angels -. Se non ci fosse Penélope Cruz sarei sola con loro tre. Ah, se i muri potessero parlare!».

ESPERIENZE LESBO - Ma non sono solo gli uomini ad attrarre la bionda statunitense. «Le donne? È capitato, qui lo dico e qui lo nego, dopotutto siamo nel 2012 - ha dichiarato Cameron, che già 2 anni fa confessò a Playboy il suo interesse per il gentil sesso -. I love sex, sempre e anche da sola. Non sono lesbica, ma nemmeno contraria. La mia donna ideale deve essere bella ma anche intelligente. Come Heidi Klum, Katie Holmes o Julianne Moore».

QUARANT'ANNI - Alle soglie dei quarant'anni, la Diaz si sente abbastanza matura per affrontare l'invecchiamento senza eccessive angosce. «Mi sento molto meglio di quando avevo 20 anni, perché so che cosa voglio, perché conosco i miei bisogni e inizio a capire i benefici della saggezza. Invecchiare mi rende più cosciente, non solo da un punto di vista fisico, ma anche mentale».

NON CREDO NEL MATRIMONIO - Progetti per il futuro? «Vorrei dei figli, ma preferibilmente con un uomo al mio fianco - ha concluso Cameron -, in fondo sono una persona romantica. In ogni caso non credo nel matrimonio: per avere una relazione seria non abbiamo bisogno di seguire tradizioni antiquate».

Carlotta de Leo
Corriere della Sera

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Edited by Claudio Bozzacco - 25/8/2012, 14:42
 
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view post Posted on 7/11/2012, 18:58
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view post Posted on 19/1/2013, 15:25
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