Il procedimento per decreto ingiuntivo, Art. 633 ss. C.p.c.

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Percival
view post Posted on 17/6/2009, 15:49




Il procedimento monitorio è un procedimento speciale a cognizione sommaria, volto ad ottenere un decreto ingiuntivo.
Il decreto ingiuntivo è un provvedimento di condanna emesso su domanda di chi è creditore di una somma liquida denaro ovvero di una determinata quantità di cose fungibili o ha diritto alla consegna d'una cosa mobile determinata.
E' necessario però che il richiedente fornisca prova scritta del proprio diritto.
Sono prove scritte le polizze o le promesse unilaterali e i telegrammi anche se non provvisti dei requisiti previsti dal codice civile.
Se il creditore riveste la qualifica di imprenditore commerciale ed il credito vantato è relativo alla somministrazione di merci o denaro o prestazione di servizi sono prove scritte idonee ad ottenere un d.i. anche gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dal codice civile o dalla legislazione tributaria.
Se i creditori sono cancellieri, ufficiali giudiziari, avvocati e chiunque abbia prestato la sua opera nel processo, ovvero notai ed altri professionisti che hanno una tariffa legalmente approvata ed il credito riguarda rimborsi ed onorari di natura professionale, è sufficiente che la domanda sia accompagnata dalla parcella delle spese e delle prestazioni, corredata dal parere dell'associazione professionale di appartenenza (peraltro neppure necessario qualora si tratti di attività in relazione alle quali sono previste tariffe obbligatorie).
La domanda si propone con ricorso al giudice che sarebbe competente a conoscere della domanda in via ordinaria.
Il ricorso deve contenere oltre ai requisiti di cui all'art.125 c.p.c., l'indicazione delle prove che si producono e, se è richiesta la consegna di cose fungibili, l'indicazione della prestazione che ricorrente è disposto accettare in mancanza della prestazione in natura.
Il ricorso va poi depositato in cancelleria unitamente ai documenti giustificativi.
Se il giudice, letto il ricorso, non ritiene la domanda sufficientemente giustificata, dispone che il cancelliere ne dia notizia al ricorrente con invito produrre o integrare le prove scritte.
Se il ricorrente non provvede all'integrazione il giudice rigetta domanda con decreto motivato.
Il rigetto non pregiudica la libera riproposizione della domanda.
Se, invece, giudice riscontra requisiti di cui all'art. 633, egli emette il decreto ingiuntivo, con il quale ingiunge al debitore di pagare o consegnare nel termine perentorio di 40 giorni, con l'avvertenza che nello stesso termine può proporre opposizione e che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata.
Il decreto può essere emanato, su istanza di parte, anche in forma provvisoriamente esecutiva: in tal caso il giudice ingiunge al debitore di pagare o consegnare immediatamente, autorizzando in mancanza l'esecuzione provvisoria e fissando il termine di 40 giorni per la sola proposizione dell'opposizione.

L'esecuzione provvisoria può essere concessa (art. 642 c.p.c.):

1)se il credito è fondato su cambiale, assegno, certificato di borsa o atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale;
2)se il giudice ritiene sussistente un grave pregiudizio nel ritardo;
3)se il ricorrente produce documentazione sottoscritta dal debitore e comprovante il dritto fatto valere.

Il procedimento volto alla pronuncia del d.i. si svolge inaudita altera parte, tuttavia il contraddittorio è semplicemente differito e rimesso alla volontà reattiva dell'ingiunto.
Il decreto ingiuntivo, una volta emesso, deve essere notificato, a cura del ricorrente, al debitore ingiunto nel termine perentorio di 60 gg. (90 gg. se la notifica deve effettuarsi all'estero).
Il d.i. non notificato nel termine diviene inefficace (art. 644 c.p.c). L'inefficacia deve essere però dichiarata dal giudice che ha pronunciato decreto, su istanza della parte a cui non è stato tempestivamente notificato (art. 188 disp. Att.).
Il debitore cui sia stato notificato nei termini il d.i. ha un termine perentorio per proporre opposizione (40 gg.).

La tempestiva consegna dell’atto di opposizione all’ufficiale giudiziario perfeziona la notifica per l’opponente, evitando al medesimo anche l’effetto di decadenza dal rimedio oppositorio, nell’ipotesi di non tempestivo o mancato completamento della procedura notificatoria per la fase sottratta al suo potere d’impulso (Cass. civ. SS.UU. Sentenza 16 marzo-4 maggio 2006, n. 10216). Ricevuto l'atto da notificare l'ufficiale giudiziario ne da immediato avviso al cancelliere, affinché ne prenda nota sull'originale del decreto.

L'opposizione si propone con atto di citazione nel giudizio ordinario e con ricorso nel rito del lavoro. Competente è il medesimo ufficio giudiziario che ha reso il decreto (è diversa, tuttavia, la persona fisica del giudice).


L'opposizione introduce un processo a cognizione piena di primo grado, caratterizzato però da una peculiarità: l'inversione del ruolo delle parti.
Infatti il debitore ingiunto, attraverso l'opposizione è attore dal punto di vista formale (attore inteso come colui che pone in essere gli atti introduttivi del giudizio), ma rimane convenuto dal punto di vista sostanziale (ossia dal punto di vista del rapporto debito credito oggetto del giudizio).
Per contro il creditore che ha ottenuto il d.i. è convenuto dal punto di vista formale (egli è, infatti, chiamato in giudizio) ma rimane attore dal punto di vista sostanziale (cioè, preteso titolare del diritto oggetto del giudizio).
Sul piano della ripartizione dell'onere probatorio ciò comporta che sarà il creditore (attore sostanziale) a dover fornire la prova del suo diritto secondo le regole ordinarie in materia e non potrà avvalersi delle semplificazioni probatorie previste per la fase sommaria (prove scritte), ma dovrà utilizzare i soli mezzi di prova previsti per il giudizio di cognizione piena.

Nel corso del procedimento scaturito dall' opposizione il giudice (se non vi ha già provveduto ai sensi dell'art. 642 c.p.c) alla prima udienza può concedere la provvisoria esecuzione del d.i. (art. 648 c.p.c.) se:

1)l'opposizione del debitore non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione;

2)il creditore offre cauzione.

Cosa succede in caso di mancata opposizione da parte del debitore ingiunto?

Il Giudice che ha reso il decreto lo dichiara esecutivo su istanza, anche verbale, del ricorrente.
Tuttavia qualora risulti o appaia probabile che intimato non abbia avuto conoscenza del decreto il giudice deve ordinare che ne sia rinnovata la notificazione, nel caso questa non stata effettuata correttamente.
L'opposizione al d.i. può essere anche tardiva (proposta, cioè, oltre il termine perentorio dei 40 gg.). L'opposizione tardiva è ammessa se debitore prova di non aver avuto conoscenza del d.i. per irregolarità della notifica, caso fortuito o forza maggiore.

Edited by Percival - 13/6/2010, 16:17
 
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Percival
view post Posted on 23/7/2009, 18:45




Ordinanza: TRIBUNALE TORINO, 17-01-2006 (Di Capua)




INGIUNZIONE (PROCEDIMENTO PER)

Opposizione - Provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto - Condizioni.

Ai fini della concedibilità della provvisoria esecuzione, è necessaria anche la sussistenza del ragionevole fumus del credito, nel senso che occorre indagare anche sull’esistenza di una prova “adeguata” dei fatti costitutivi del diritto vantato dall’opposto, secondo i canoni del giudizio ordinario di merito.



TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO

Sezione Terza Civile

*******

Il Giudice Istruttore

a scioglimento della riserva assunta all’udienza in data 13.01.2006 nella causa iscritta al n. 21355/05 RG;

promossa da:

Danilo;

-PARTE ATTRICE IN OPPOSIZIONE-

contro:

ALFA SPA, in persona del suo legale rappresentante pro tempore;

-PARTE CONVENUTA IN OPPOSIZIONE-

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

ex art. 648 c.p.c.

-letta l’istanza di parte convenuta-opposta intesa ad ottenere la concessione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto, e lette le osservazioni di parte attrice-opponente;

-esaminati gli atti e i documenti prodotti dalle parti;

-preso atto delle dichiarazioni rese dai difensori delle parti in udienza;

-rilevato, preliminarmente, che all’udienza di prima comparizione ex art. 180 c.p.c. (introdotta con D.L. 21.4.95 n. 21 e successive modifiche fino alla Legge di conversione 20.12.1995 n. 534), il Giudice Istruttore possa prendere in esame anche questioni diverse da quelle previste dalla citata norma e, in particolare, la possibilità di concedere o meno l’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto ai sensi dell’art. 648 c.p.c., senza la necessità del preventivo espletamento dell’udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c.;

-rilevato, quanto alla richiesta di concessione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto, che l’art. 648 c.p.c. prevede un potere discrezionale del Giudice Istruttore di concedere la medesima quando l’opposizione o, meglio, le eccezioni dell’opponente non risultino fondate su prova scritta o di pronta soluzione, per cui, sotto questo primo profilo, la provvisoria esecutorietà del decreto dev’essere concessa, non risultando tali eccezioni fondate su prova scritta, tenuto conto che i documenti prodotti da parte attrice-opponente (ossia la copia del decreto ingiuntivo opposto e la copia di un’Ordinanza giurisprudenziale) non sono certo sufficienti ad avvalorare le pretese della stessa;

-ritenuto, sotto un secondo profilo, che, ai fini della concedibilità della provvisoria esecuzione, è necessaria anche la sussistenza del ragionevole fumus del credito, nel senso che occorre indagare anche sull’esistenza di una prova “adeguata” dei fatti costitutivi del diritto vantato dall’opposto, secondo i canoni del giudizio ordinario di merito: tale “adeguatezza” si ha o quando la documentazione della fase sommaria ha valore di prova scritta anche nel giudizio di opposizione, o quando viene integrata da idonea ulteriore documentazione o, infine, quando non vi è stata contestazione dei fatti costitutivi da parte dell’opponente (cfr. in tal senso: Corte Cost. 4.5.1984 n. 137 in Foro it. 1984, I, 1775; Corte Cost., con ord. 25.5.1989 n. 295 in Foro it. 1989, I, 2391);

-ritenuto che, nel caso di specie, anche facendo applicazione di tali principi, deve ritenersi concedibile la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto, tenuto conto dei documenti allegati al ricorso per decreto ingiuntivo e di quelli prodotti con la comparsa di costituzione e risposta;

-ritenuto che, pertanto, debba essere concessa la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto;

-rilevato, infine, che, non avendo le parti, all’udienza di trattazione ex art. 183 cpc tenutasi in data 13.01.2006, chiesto:

*

né i termini previsti dall’ultimo comma del citato articolo, con conseguente necessità di fissare “l’udienza per i provvedimenti di cui all’articolo 184” (cfr. ultimo inciso dell’ultimo comma dell’art. 183 cpc);
*

né, comunque, la fissazione di tale udienza per i provvedimenti di cui all’articolo 184 cpc;
*

né, infine, i termini previsti dall’art. 184, commi 1° e 2°, cpc, “per produrre documenti ed indicare nuovi mezzi di prova” e per “l’eventuale indicazione di prova contraria”;

devono intendersi verificate tanto le preclusioni di merito tanto le preclusioni istruttorie, con conseguente necessità di fissare udienza per la precisazione delle conclusioni (cfr. sul punto anche Cass.civ. sez. III. 25 novembre 2002 n. 16571 in Guida al dir. n. 2/2003 pag. 53: “La facoltà delle parti in un processo di chiedere l’assegnazione di un termine per nuove deduzioni istruttorie deve essere esercitata nella prima udienza di trattazione, o nel corso della sua prosecuzione ex art. 183, 5° comma, cpc, in coincidenza della conclusione della fase di definizione del thema decidendum e del thema probandum, e l’apertura, senza soluzione di continuità, della fase istruttoria secondo le modalità previste dall’art. 184 cpc. L’accoglimento dell’istanza imporrà il rinvio ad altra udienza successiva all’udienza di trattazione o a quella in cui la trattazione prosegue ex art. 183, 5° comma, cpc.: nella fattispecie, in primo grado l’attore non aveva indicato mezzi di prova in citazione né all’udienza di trattazione, ed in tale udienza non aveva chiesto né il termine previsto dall’art. 183 5° comma né il termine per indicare nuovi mezzi di prova ex art. 184, 1° comma, cpc; avendo il giudice rinviato ad altra udienza per la sola precisazione delle conclusioni, ritenendo la causa matura per la decisione ai sensi dell’art. 187, 1° comma, cpc, l’attore aveva per la prima volta richiesto mezzi di prova all’udienza così fissata; il Pretore aveva ammesso tali mezzi; pronunciando sull’Appello proposto dal convenuto, il Tribunale aveva invece ritenuto che le prove erano state ammesse dal Pretore erroneamente, in quanto la preclusione istruttoria relativa alla richiesta di nuovi mezzi di prova si era già verificata all’udienza di trattazione ex art. 183 cpc, nella quale le parti non avevano richiesto né il termine di cui al 5° comma né il termine per indicare nuovi mezzi di prova ex art. 184 cpc; la Cassazione, nell’enunciare il suddetto principio, ha ritenuto esatta la decisione adottata dal Tribunale);

P.Q.M.
C O N C E D E

la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto emesso dal Tribunale di Torino datato 11.05.2005 (depositato in data 12.05.2005) con il n. 4519/05.
F I S S A

per la precisazione delle conclusioni l’udienza in data mercoledì 04 ottobre 2006 ore 11,00.
A U T O R I Z Z A

il ritiro dei rispettivi fascicoli.
M A N D A

Manda alla Cancelleria di comunicare la presente Ordinanza alle parti.

Torino, lì 16.01.2006

IL GIUDICE ISTRUTTORE

Dott. Edoardo DI CAPUA

La fattura, ove proveniente da un imprenditore esercente attività commerciale e relativa fornitura di merci o prestazioni di servizi (anche a cliente non esercente, a sua volta, la medesima attività), rappresenta idonea prova scritta del credito quale richiesta ex lege per l'emissione di un decreto ingiuntivo, sempre che ne risulti la regolarità amministrativa e fiscale.
Deve escludersi, peraltro, che la stessa fattura possa rappresentare nel giudizio di merito - e anche in quello di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto in base a essa - prova idonea in ordine così alla certezza, alla liquidità e alla esigibilità del credito dichiaratovi, come ai fini della dimostrazione del fondamento della pretesa.


Svolgimento del processo

Con citazione notificata il 7.11.1995, M. D. proponeva opposizione contro il decreto ingiuntivo del Pretore di Savona n. 234/1995, con cui le veniva ingiunto, quale titolare della ditta IC Import, di corrispondere l'importo di 9720 franchi svizzeri, sulla base di fatture prodotte. Il Tribunale di Savona rigettava l'opposizione. La M. proponeva appello.

La corte di appello di Genova, con sentenza n. 17/2003, rigettava l'appello. Riteneva la corte territoriale che, pur non potendosi attribuire alla lettera datata 2.5.1991, dell'avv. Nasuti Greco, legale dell'opponente, natura di ricognizione di debito o natura confessoria, essa costituiva indizio della fondatezza della pretesa creditoria, dato il raccordo con la documentazione prodotta; che lo stesso legale nell'altra lettera del 12.11.1991 riconfermava l'ammissione del debito di Fs 9720, di cui alle fatture, limitandosi a sostenere che queste ultime erano prive di visto doganale.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione M. D., che ha anche presentato memoria. Non ha svolto attività difensiva l'intimata.

Motivi della decisione

l. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione o errata applicazione delle norme di diritto (art. 2720 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c).

Ritiene la ricorrente che erratamente la sentenza impugnata ha riconosciuto natura ricognitiva di debito alle missive del suo difensore, con conseguente carattere confessorio, con ciò violando l'art. 2720 c.c..

2.1. Il motivo è infondato.

La corte territoriale, infatti, contrariamente all'assunto della ricorrente, non ha ritenuto che le lettere del difensore dell'appellante avessero la natura di atti di ricognizione a norma dell'art. 2720 c.c. Essa si è limitata a ritenere che tali missive avessero solo il carattere di meri indizi, liberamente valutabili.

Tale principio è corretto.

Infatti è giurisprudenza pacifica che le dichiarazioni del difensore sfavorevoli al proprio assistito, anche se inserite in atti non qualificabili di parte (quali le lettere inviate alle controparte, anche prima dell'instaurazione del giudizio, nonché le memorie illustrative, le comparse conclusionali e di replica), possono essere utilizzate come elementi indiziari, valutabili ai sensi ed alle condizioni dell'art. 2729 c.c. (Cass. 15/05/1997, n. 4284; Cass. 29/09/2005, n. 19165).

2.2. Quanto alla censura secondo cui erratamente la sentenza impugnata avrebbe ritenuto provata la pretesa creditoria sulla base della missiva del 25.5.1991, essa è inammissibile, per mancato rispetto del principio di autosufficienza del ricorso. Qualora, con. il ricorso per Cassazione, venga dedotta l'omessa od insufficiente motivazione della sentenza impugnata per l'asserita errata valutazione di risultanze processuali (un documento, deposizioni testimoniali, dichiarazioni di parti, accertamenti del c.t., ecc.), è necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza non valutata o erroneamente valutata, che il ricorrente precisi - ove occorra, mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso la risultanza che egli asserisce erratamente valutata o insufficientemente valutata, dato che, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, il controllo deve essere consentito alla corte di cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative (Cass. 23.3.2005, n. 6225; Cass. 23.1.2004, n. 1170).

Nella fattispecie non risulta trascritto nel ricorso il contenuto di tale lettera del difensore dell'opponente.

3. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione dell'art. 634 c.p.c, nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, in quanto il decreto ingiuntivo , attenendo a somministrazioni di merci, non poteva essere emesso che sulla base di estratti autentici delle scritture contabili.

4. Il motivo è infondato.

Il decreto ingiuntivo in questione è, infatti, stato emesso sulla base di fatture commerciali.

La fattura, ove proveniente da un imprenditore esercente attività commerciale e relativa fornitura di merci o prestazioni di servizi (anche a cliente non esercente, a sua volta, la medesima attività), rappresenta idonea prova scritta del credito quale richiesta ex lege per l'emissione di un decreto ingiuntivo, sempre che ne risulti la regolarità amministrativa e fiscale. Deve escludersi, peraltro, che la stessa fattura possa rappresentare nel giudizio di merito - e anche in quello di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto in base a essa - prova idonea in ordine così alla certezza, alla liquidità e alla esigibilità del credito dichiaratovi, come ai fini della dimostrazione del fondamento della pretesa. La fattura, infatti, si inquadra tra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all'altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito, per cui quando tale rapporto sia contestato tra le parti, la fattura, ancorché annotata nei libri obbligatori, proprio per la sua formazione a opera della stessa parte che intende avvalersene, non può assurgere a prova del contratto, ma, al più, può rappresentare un mero indizio della stipulazione di esso e dell'esecuzione della prestazione, mentre nessun valore, neppure indiziario, le si può riconoscere in ordine alla rispondenza della prestazione stessa a quella pattuita, come agli altri elementi costitutivi del contratto (Cass. 4/03/2003, n. 3188; Cass. 08/06/2004, n. 10830).

Nella fattispecie, quindi, ben poteva essere emesso il decreto ingiuntivo sulla base delle predette fatture commerciali.

5. Il ricorso va pertanto rigettato. Nulla per le spese del giudizio di Cassazione, non avendo svolto attività difensiva la parte intimata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di Cassazione.
 
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Percival
view post Posted on 25/3/2010, 08:20




(Cass. SS. UU. 22 febbraio 2010, n. 4071 – Pres. V. Carbone, Relatore A. Nappi)

Una giurisprudenza costante e la dottrina prevalente sono concordi nell'affermare che solo la sentenza di accoglimento anche parziale dell'opposizione sostituisce comunque il decreto ingiuntivo opposto, secondo quanto dispone l'art. 653 co. 2 c.p.c. (Cass. sez. lav. 20 maggio 2004 n. 9626, mass. 572971; Cass. sez. III, 12 febbraio 1994, 1421, mass. 485292). La sentenza di rigetto del'opposizione, invece, non si sostituisce al decreto opposto, perché, "in tal caso, il titolo esecutivo è costitutito dal decreto ingiuntivo e non dalla sentenza che integralmente lo conferma, come dispone l'art. 653 co. 1, c.p.c".
(Conformi: Cass. sez. I, 30 dicembre 1968 n. 4082, mass. 337734; cass. sez. III, 3 giugno 1978, n. 2795, mass. 392219)
 
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