Eccesso ColposoArt. 55 codice penale
Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51 (esercizio di un diritto o adempimento di un dovere), 52 (difesa legittima), 53 (uso legittimo delle armi) e 54 (stato di necessità), si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.
esempi
L'art.55 c.p. disciplina l'eccesso colposo come segue quando nel commettere alcuni dei fatti previsti dagli artt.51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è previsto dalla legge come delitto colposo (42 co. 2 e 43)", pertanto condizione fondamentale e indispensabile per l'applicabilità della norma dell'art.55 c.p. è la sussistenza nella fattispecie delle condizioni e dei requisiti presupposti per la legittima difesa (ex art. 52c.p.),
ad eccezione della proporzione tra la difesa e l'offesa.Deve essere dunque accertato che il soggetto attivo sia una persona fisica con capacità dì diritto penale ed imputabile (essendo la responsabilità subordinata all'imputabilità), che sia esistito il pericolo di un'offesa e la necessità di difendere un diritto contro detto pericolo.
In particolare, per quanto riguarda il pericolo dell'offesa, va evidenziato che detto pericolo deve essere attuale cioè essere già in corso di attuazione nel momento della reazione (pericolo di un'offesa maggiore nei reati permanenti) o imminente; infatti senza questa condizione si deve ritenere la difesa privata come non necessaria e pertanto illegittima. Di conseguenza l'eccesso colposo non potrà configurarsi nel caso in cui l'offesa riguardi il futuro o si sia già esaurita, caso in cui tuttavia potrà trovare eventuale applicazione l'attenuante della provocazione disciplinata dall'art.62 n. 2 c.p.
L'offesa minacciata, che può essere sia fisica, come nella fattispecie, che morale, deve inoltre essere ingiusta cioè configurare una situazione soggettiva contraria al diritto (indipendentemente dal fatto che questa costituisca un reato); non rileva invece la gravità di questa, in considerazione dei fatto che l'eccesso colposo, come dei resto la legittima difesa, viene prevista per tutti i reati.
La reazione dell'agente deve apparire necessaria per salvaguardare il bene posto in pericolo e pertanto deve essere inevitabile; tale giudizio non può essere assoluto, bensì relativo, e ciò comporta che la valutazione della necessità di difesa dovrà avvenire in considerazione di tutte le circostanze dei caso concreto.
L'art.55, come la giustificante della legittima difesa, trova altresì applicazione anche qualora la difesa privata posta in essere si fondi sulla necessità di difendere il diritto altrui contro il pericolo di un'ingiusta offesa (come nel caso di specie, ove il padre interviene a difesa dei proprio figlio minore) ad eccezione della sola ipotesi in cui si tratti di un diritto disponibile e l'agente pretenda di difenderlo contro la volontà a lui nota dei suo titolare (caso che certamente non riguarda la nostra fattispecie, in considerazione dei fatto che il bene messo in pericolo era l'integrità fisica del figlio se non addirittura la propria vita). Si evidenzia inoltre che il terzo, il cui diritto e/o interesse legittimo viene posto in pericolo, può essere chiunque e non solo i congiunti, per i quali tuttavia esiste un sentimento ed un dovere morale senz'altro più pregnante.
L'eccesso colposo si differenzia dunque dalla legittima difesa unicamente per la mancanza dei requisito della proporzione tra difesa ed offesa; pertanto, verificata la sussistenza di tutte le sopra indicate condizioni, sussisterà l'eccesso colposo qualora per colpa sopraggiunta dei reagente, la reazione risulti esuberante rispetto allo scopo di difendere un diritto contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta.
La giurisprudenza e la dottrina concordemente ritengono che per misurare l'adeguatezza o l'eccessività della difesa non si deve istituire il confronto tra il male subito o che vi era il pericolo di subire ed il male inflitto per reazione, il quale ultimo può essere di gran lunga superiore al primo senza che per ciò venga meno la giustificante, bensì tra i mezzi reattivi che l'aggredito aveva a propria disposizione e i mezzi da lui adoperati, tenendo presente comunque che se questi erano i soli che in concreto rendevano possibile la ripulsione dell'offesa altrui, non si configurerà l'eccesso colposo, bensì la giustificante della legittima difesa.
Ciò significa che nell'ipotesi in cui un tale viene aggredito da un altro armato di coltello e per difendersi gli spara con una rivoltella, una volta verificato che la rivoltella era l'unico mezzo efficace che tenesse a propria disposizione, non potrà dirsi che il reagente abbia ecceduto nella difesa, ma troverà piena applicazione la scriminante della legittima difesa.
Si evidenzia inoltre che al fine dei giudizio di proporzione rilevano anche le condizioni fisiche dell'aggressore rispetto anche a quelle dell'aggredito.
Il travalicamento o la sproporzione tra difesa ed offesa deve essere colposo, pertanto deve dipendere da difetto inescusabile di conoscenza della situazione concreta da parte dei reagente, ovvero da altre forme di inosservanza di regole di condotta a contenuto precauzionale relative all'uso dei mezzi o alle modalità di realizzazione dei comportamento.
La dottrina distingue due forme di eccesso colposo: la prima che si configura qualora, a causa dell'erronea valutazione della situazione di fatto, il reagente abbia realizzato volutamente un determinato risultato, la seconda che si configura quando nonostante la corretta valutazione della situazione di fatto, il reagente commette un errore esecutivo che produce un effetto più grave.
Si rileva che il delitto commesso in situazione di eccesso deve ritenersi un delitto colposo, pertanto qualora l'evento che lo concreta non si sia verificato, il reagente non potrà essere condannato per tentativo di delitto colposo, perché in questi delitti di regola il tentativo non è concepibile, qualora invece il tentativo dei delitto voluto dal reagente (es. omicidio) consista in un evento concretante un delitto minore punibile a titolo di colpa (es. lesioni personali), il reagente eccessivo risponderà di codesto delitto colposo (conformemente a quanto previsto anche dall’art.83 C.p )
Non potrà invece essere invocato l'eccesso colposo nelle ipotesi in cui il reagente essendo ben a conoscenza della situazione concreta e dei mezzi necessari al raggiungimento dell'obiettivo consentito, superi volontariamente i limiti dell'agire scriminato; in tale ipotesi la volontà è diretta non alla realizzazione dell'obiettivo consentito, ma di un fine criminoso e conseguentemente l'eccesso dovrà ritenersi doloso ed il soggetto dovrà rispondere dei reato a titolo doloso.
Dott.ssa Chiara Villa
Condannati i poliziotti per la morte di Aldrovandi
Tre anni e sei mesi ai quattro agenti accusati di eccesso colposo nell'omicidio del ragazzo di 18 anni
FERRARA - Il tribunale di Ferrara ha condannato a tre anni e sei mesi i quattro poliziotti accusati di eccesso colposo nell'omicidio colposo di Federico Aldrovandi, il ragazzo di 18 anni morto il 25 settembre 2005 durante un intervento di polizia. Alla lettura della sentenza i genitori del ragazzo si sono abbracciati piangendo e in aula sono partiti applausi.
I DIFENSORI DEGLI AGENTI: «RICORREREMO IN APPELLO» - «Tutti i processi hanno tre gradi di giudizio, vedremo la coda lunga di questo». Alessandro Pellegrini, uno dei quattro difensori ha fatto questa considerazione uscendo dall'aula dopo la sentenza. «Ciò che dovevo dire l'ho detto al giudice», si è limitato a dire Gabriele Bordoni che aveva creduto fino in fondo su un esito diverso al processo proponendo l'assoluzione degli agenti. Mentre Michela Vecchi ha annuito ai colleghi in merito al fatto che la sentenza dovrà avere il vaglio degli altri gradi di giudizio. Visi lunghi, come è comprensibile dopo la lettura della sentenza da parte dei difensori. Giovanni Trombini è sembrato il più distaccato: «Leggeremo le motivazioni, attentamente e poi proporremo appello». E le sue non sono state solo le solite dichiarazioni di circostanza: «Abbiamo prospettato al giudice ciò di cui eravamo e siamo convinti ossia la totale estraneità dei quattro agenti, che riproporremo in appello». Unico a commentare la sentenza tra gli imputatio, è stato Enzo Pontani (l'altro agente presente era Luca Pollastri, mentre gli altri due erano assenti, uno perchè in servizio al G8 de L'Aquila): «Posso dire che stasera giustizia non è stata fatta. E posso anche dire che io la notte dormo sonni tranquilli, qualcun altro non lo so».
LA VICENDA - All'alba del 25 settembre 2005 Federico Aldrovandi, 18 anni, era morto su un marciapiede di Ferrara. La ricostruzione della questura aveva sostenuto che stava tornando a casa dopo una serata con gli amici, si era sentito male e dava in escandescenze. Ammanettato dagli agenti era svenuto ed era poi deceduto prima che arrivassero i soccorsi.
Inizialmente si era parlato di droga, poi di un malore. La madre del ragazzo denunciava invece un pestaggio da parte della polizia. Nel 2006, una foto choc, pubblicata da Liberazione, mostrava i segni di percosse sul corpo del ragazzo e riapriva il caso.
06 luglio 2009
corriere della sera
Edited by Claudio Bozzacco - 6/7/2009, 20:32