Facebook: Lo schedario del Nuovo Ordine Mondiale

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view post Posted on 22/9/2009, 08:04
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Capita di confrontarsi con diverse persone che sostengono di utilizzare spesso facebook.
Tradotto Libro di Facce, aggiungo di ricercati.
Le stesse persone sostengono di avere anche duemila amici, ma si ritrovano perentoriamente soli ogni fine settimana.

Facebook, come buona parte degli altri socialnetwork è molto pesante, per una buona fruizione ci vuole il computer della NASA.
E' un caos di foto, video, frivolate, vuotezze, ciarlatanerie.
Tutte stupidaggini che però tornano molto utili a: procure, banche, multinazionali, governi.
Un panotpicon dove i rinchiusi sono tutti gli iscritti.
http://it.wikipedia.org/wiki/Panopticon
:D

Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei
In base a un’analisi della rete telematica di amicizie si può scoprire anche orientamento sessuale di un utente


MILANO – Con il grande boom di Facebook e compagni la protezione dei propri dati sensibili è diventata pressoché impossibile. Se è vero che il numero degli appassionati che vive in stretta simbiosi con i social network cresce incessantemente e non ha alcun timore di raccontare al mondo intero buona parte della propria giornata, c’è anche chi si dedica alla gestione delle proprie amicizie in rete solo per puro svago e potrebbe avere qualche obiezione nel vedere esposti alla mercé di sconosciuti gli aspetti più privati della propria esistenza. Soprattutto se questi vengono estorsi inconsapevolmente attraverso l’uso, sempre più frequente, dei cosiddetti software di data mining. La conferma di come sia possibile risalire alle preferenze di un utente senza neppure la necessità che questi le manifesti direttamente arriva da uno studio del Mit Medialab.

IL GAYDAR – È iniziato tutto quasi per scherzo. Due studenti, analizzando alcuni dati di Facebook, hanno fatto una scoperta alquanto sorprendente: attraverso la mappatura delle reti sociali di un utente erano in grado di prevedere se una persona fosse etero o omosessuale. Ovviamente è stato necessario il sostegno di un software che, attraverso il genere e le tendenze sessuali della rete amicale e utilizzando l’analisi statistica, faceva una previsione sull’orientamento sessuale del soggetto in analisi. In base alle proprie conoscenze reali i protagonisti dello studio, pur non potendo verificare tutti i risultati, sono giunti alla conclusione che il programma è piuttosto accurato, soprattutto sulle analisi maschili.

CONSEGUENZE – Il progetto, però, non può essere liquidato semplicemente con l’appellativo di «Gaydar», che nel gergo omosessuale indica la capacità mentale di un gay di individuare altre persone con le stesse preferenze sessuali, ma necessita di una profonda riflessione sulla privacy. Oltre al fatto che questa sorta di outing deduttivo potrebbe creare parecchi problemi relazionali a chi ne è vittima, il funzionamento del software pone una sostanziale incognita sulla possibilità di un utente di controllare le proprie informazioni. Finora, infatti, le discussioni sulla protezione dei dati personali e sensibili in rete si sono concentrate soprattutto sull’universo delle transazioni finanziare e sui comportamenti consigliati nella gestione e frequentazione di blog e community. Ma il lavoro del Mit dimostra che si possono rendere pubblici intimi particolari in maniera del tutto inconscia e involontaria. La possibilità di connettersi con altre persone che condividono alcune delle nostre passioni costituisce gran parte del fascino dei social network ma, se attraverso queste amicizie si rischia di rivelare se stessi anche a terzi sconosciuti, la rende anche una trappola pericolosa.

Simone D’Ambrosio
21 settembre 2009
 
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view post Posted on 15/11/2009, 12:38
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Ciao amichetti,

non solo facebook è uno schedario ma tutte le utenze elettroniche:

carte di credito
utenze internet
utenze telefoniche
telepass
il nuovo contatore enel
la "fantastica" iptv ( il decoder )
i satelliti
il navigatore satellitare
il gps che si usa per fare sport

incrociando questi dati si può sapere:

chi siete
chi eravate
chi sarete

cosa pensate
cosa pensavate
cosa pensarete

dove siete
dove eravate
dove andrete

cosa fate
cosa facevate
cosa farete

il problemino è che l'accesso a questi dati non li ha solo chi dovrebbe essere autorizzato, con tutte le eccezioni del caso, come ad esempio i governi.

Ma chi è semplicemente dotato di potere d'acquisto.

Paradossalmente tutte le tecnologie elettroniche anzicchè di liberare l'uomo lo incatenano.
Gli danno libertà di movimento ma sempre nel raggio del guinzaglio elettronico.

Edited by Claudio Bozzacco - 23/11/2009, 14:45
 
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view post Posted on 23/11/2009, 14:44
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Naturalmente per ogni problema c'è una soluzione.
Il primo passo è riconoscere il problema.
:D
 
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view post Posted on 27/12/2009, 14:57
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L’amicizia al tempo di Facebook: non più una frequentazione continua fatta di serate, discussioni, reciproche consolazioni. Casomai, un dialogo virtuale fatto di battute tra individui che quando va bene si sono visti due volte. E allora: se abbiamo 768 «amici» su Fb, in che senso li abbiamo?

Se siete su Facebook, lo sapete già. E in questi giorni ne avete avuto la conferma. Quest’anno si sono fatti meno auguri a voce e per telefono e anche per e-mail; e tantissimi via social network, magari urbi et orbi. Ci sono stati meno incontri anche brevi per salutarsi. In compenso, nei momenti in cui si riusciva a tirare il fiato, si andava online. Per scambiare due chiacchiere con qualcuno che non fosse un cognato; per annunciare sul proprio status che si era mangiato troppo; per fare battute sugli ultimi strani eventi italiani; per rincuorare tutti, a metà pomeriggio del 25, con dei «forza e coraggio, tra poco è finita». Poi magari ci si è visti con gli amici. I soliti. Non quelli, magari centinaia, che abbiamo su Fb. E che stanno portando la parte più evoluta del pianeta, insomma i 350 milioni di Facebook, quelli di Twitter e gli altri, a ridefinire il concetto di amicizia. Non più legame affettivo e leale tra affini che fa condividere la vita e (nella letteratura classica) la morte. Assai più spesso, un contatto collettivo labile che fa condividere video di Berlusconi, Lady Gaga, Elio e le storie tese. Non più una frequentazione continua fatta di serate, discussioni, reciproche consolazioni. Casomai, un dialogo virtuale fatto di battute tra individui che quando va bene si son visti due volte. Poi ci sono i ragazzini che stanno crescendo insieme ai social network. Ma loro sono — in parte— un’altra storia.

Perché in questi tempi di social networking «l’amicizia si sta evolvendo, da relazione a sensazione. Da qualcosa che le persone condividono a qualcosa che ognuno di noi abbraccia per conto suo; nell’isolamento delle nostre caverne elettroniche, armeggiando con i tanti piccoli pezzi di connessione come una bambina solitaria gioca con le bambole». Eccoci sistemati tutti. Ecco perché, magari, dopo certi pomeriggi domenicali passati a chattare, non ci si sente appagati, casomai lievemente angosciati e col mal di testa. La cupa frase è diWilliam Deresiewicz, ex professore di Yale e saggista, autore di un saggio su The Chronicle of Higher Education e una conferenza sulla National Public Radio dedicata alle «false amicizie». La preoccupazione è di molti, in America e fuori. Se ne è occupato persino il Wall Street Journal. La serie tv di nicchia «In Therapy» ha fornito la battuta-pietra tombale (speriamo di no): «Le famiglie sono ormai andate e gli amici stanno andando via per la stessa strada». Deresiewicz infierisce: «Essendo state relegate agli schermi dei computer, le amicizie sono qualcosa di più di una forma di distrazione? Quando sono ridotte alle dimensioni di un post in bacheca, conservano qualche contenuto? Se abbiamo 768 "amici", in che senso li abbiamo? Facebook non include tutte le amicizie contemporanee; ma di certo mostra il loro futuro». Morale: «L’immagine del vero amico, un’anima affine rara da trovare e molto amata, è completamente scomparsa dalla nostra cultura».

Maria Laura Rodotà
 
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view post Posted on 7/1/2010, 21:34
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mi servono questi telefonini
:B):

image


Nuovo cellulare "blindato" per Sarkozy
Un software speciale impedisce di captare le conversazioni del presidente e dei suoi collaboratori


PARIGI - Assomiglia a un normale smartphone, ma garantisce un altissimo livello di sicurezza. E’ "Teorem", il cellulare “impenetrabile” testato per la prima volta mercoledì scorso da Nicolas Sarkozy e che dall'anno prossimo sarà usato dai più importanti funzionari francesi e dalle principali cariche militari transalpine. Secondo quanto scrive il quotidiano Le Point quasi 20.000 telefonini saranno prodotti entro il 2011 dalla multinazionale transalpina Thales e saranno distribuiti a personalità pubbliche con importanti incarichi governativi e militari. Il prezzo del telefonino è top secret e solo il governo francese potrà acquistare questo prodotto in modo da tutelare la sicurezza nazionale e impedire che le conversazioni e gli sms di importanti personaggi del governo possano essere intercettate.

ADDIO BLACKBERRY - Sarkozy, come in passato è già accaduto a Barack Obama, dovrà separarsi dall'amato BlackBerry in nome della sicurezza. Infatti il cellulare prodotto dall'azienda canadese "Research in Motion", molto apprezzato sia dai professionisti che dai politici, come molti cellulari d'uso commerciale, presenterebbe lacune nel sistema di sicurezza e, secondo gli esperti, può essere facilmente intercettato. Teorem, invece, sarà dotato di un avveniristico software di sicurezza che renderà impossibile riuscire a captare le conversazioni del presidente e dei suoi collaboratori. «È davvero carino» ha commentato Sarkozy durante il primo test di prova, mentre l'azienda che produce Teorem ha confermato che «il telefonino è dotato di un sistema di "criptofonia" di nuova generazione che sarà usato dalle forze armate e dai ministeri».

ALLARME - Già nel 2007 uno studio della Sgdn, l'agenzia per la sicurezza nazionale francese, aveva lanciato l'allarme del pericolo intercettazioni e aveva invitato i membri del governo a non usare più il BlackBerry. Secondo la Sgdn infatti l'utilizzo di server collocati nel Regno Unito e negli Usa rende le comunicazioni via email del BlackBerry facilmente intercettabili dalla National Security Agency (Nsa), l'ente governativo statunitense incaricato della sicurezza in ambito nazionale e in grado di controllare tutto il traffico telefonico e di posta elettronica negli Usa. L'azienda canadese "Research in Motion" ha più volte smentito le accuse della Sgdn affermando che il sistema crittografico installato sul BlackBerry è uno dei più sicuri al mondo, usato, tra l'altro, dal governo britannico e dalla Nato.

Francesco Tortora
 
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view post Posted on 19/1/2010, 12:59
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naturalmente mi servirebbero anche un paio di computer blindati
 
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Percival
view post Posted on 26/1/2010, 22:46




La Cina, gli Usa e i social network spioni

di Giampaolo Visetti

su la Repubblica del 26/01/2010

Internet è l´arma segreta della Cia per estendere l´egemonia
americana sul mondo nel nuovo millennio. Per giorni questo è stato lo
slogan della propaganda cinese dopo la ribellione di Google alla
censura. Un documento riservato, pubblicato sul sito in inglese del
quotidiano governativo China Daily e presto rimosso, ha rivelato però
ieri le prove in possesso del governo di Pechino.
Diffuso sotto forma di articolo, il rapporto interno ripercorre le
tappe dell´uso strategico di Internet da parte dell´intelligence Usa,
dimostrando la tesi di «un´offensiva online tesa a destabilizzare le
nazioni che resistono agli interessi atlantici». Vengono citate date,
luoghi, ordini di Pentagono e Casa Bianca, missioni segrete portate a
termine grazie al web, numeri e profili «dell´esercito degli 80 mila
hacker dispiegati dagli Stati Uniti negli ultimi 13 anni per vincere la
guerra cybernetica».Google China - Logo
Gli esperti ritengono che la mossa cinese sia una messaggio diretto
a Obama, per dimostrare il proprio livello di penetrazione ai massimi
livelli dell´amministrazione e dell´esercito americani. Un modo per
avvertire di essere in possesso di altre informazioni sensibili, pronte
a essere divulgate, o utilizzate, nel caso non venga sospesa la
pressione contro Pechino.
La nota cita le ragioni riservate con cui la Cia, nel 2005, ha
chiesto alla Casa Bianca di non affidare alle Nazioni Unite
l´amministrazione di Internet, per non perderne il controllo. Rivela la
collaborazione dei servizi Usa nell´ideazione del programma che
consente di intercettare le comunicazioni online. «L´11 gennaio 2006 -
si legge - la Cia ha fondato poi l´istituto per l´intercettazione delle
informazioni provenienti da Paesi stranieri». Uno strumento, secondo il
rapporto cinese, che ha permesso di violare i piani degli esperimenti
nucleari in Iran, «costruendo tre librerie per memorizzare le notizie
online intercettate dagli hacker-spia».Barack Obama cammina sulla grande muraglia cinese Twitter. Grazie a Internet la Cia avrebbe però anche organizzato le «rivoluzioni a colori» in Georgia, Ucraina, Bielorussia e Asia centrale. Ma anche itentativi di rivoluzione in Moldavia e Iran sarebbero stati «innescatida Twitter e YouTube, i social network americani finanziati dei servizisegreti Usa». Il 15 giugno 2009, cita sempre il rapporto cinese, la
Casa Bianca avrebbe addirittura chiesto a Twitter «di rinviare la
manutenzione ordinaria perché Teheran è in un momento decisivo».
Le spie di Pechino ritengono che gli Stati Uniti «abbiano ormai
scelto di affermare gli affari delle grandi corporation e la propria
influenza globale attraverso Internet, ormai più efficace rispetto
all´invio o al reclutamento di agenti all´estero». Anche il sito Wahze
Online coprirebbe una missione segreta Usa per istigare scontri etnici
in Tibet e sempre la Rete, l´anno scorso, sarebbe servita alla Cia per
montare la rivolta degli uiguri nello Xinijang.
La prima "forza coperta" di hacker americani sarebbe stata varata da
Bush nel 2002, mentre Obama avrebbe varato lo United States Cyber
Command «dotandolo di 2 mila virus per attacchi informatici». E´ un
teorema impressionante, ricco di rapporti riservati citati tra
virgolette mescolati con particolari apparentemente privi di
significato. Ma il senso è chiaro: la Cina ha deciso di raccogliere la
sfida della prima guerra di Internet dichiarata dagli Usa.
 
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view post Posted on 20/3/2010, 22:08
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La nuova frontiera dello spionaggio passa da Internet o, meglio, passa dai social network più famosi come Facebook e My Space. E come? Attraverso tanti 007 che costruiscono false identità virtuali ed entrano in amicizia con le persone bersaglio delle attività investigative, cercano prove, indizi o quant'altro e provano a smascherarle.
Non si tratta di una fantasia o di un'illazione, ma la storia è provata attraverso un documento riservato del dipartimento di Giustizia ottenuto, grazie al Freedom of Information act, dall'Electronic Frontier Foundation (www.eff.org/) fondazione che si occupa della tutela della privacy su Internet.
Il documento di 33 pagine è una sorta di manuale di web-spionaggio, in cui si insegna ad agenti federali dell'Fbi e di altre agenzie di intelligence come riuscire, con false identità e falsi profili - le biografie sintetiche che ogni utente di Facebook pubblica sul suo sito - a farsi «accettare» come amici da sospetti. E così ottenere prove a loro carico.
Non solo, agenti connessi a principali social network sono utili anche per ricostruire il tessuto di relazioni ed amicizie di un particolare individuo sospetto. Tutte informazioni utili durante un'inchiesta, per verificare un alibi, stabilire una certa cronologia dei fatti, conclude il documento. Ma non è solo necessario il pedinamento nel mondo virtuale di sospetti e gli imputati - continua suggerire il documento - ma anche dei testimoni che i loro avvocati intendono chiamare a loro difese. «Le informazioni sono potere, bisogna controllare le frequenze sui social network di tutti i testimoni» è una delle frasi del documento, che è il testo di una presentazione preparata dal dipartimento per addestrare e motivare gli agenti.
Si tratta di comportamednti molto discutibili, ma probabilmente anche illegali, almeno secondo la legge degli Stati Uniti. Ma a quanto pare anche l'Fbi è consapevole di muoversi su un crinale scivoloso: «se gli agenti violano le regole di Facebook, questo è però da considerarsi illegale?» si legge ad un certo punto nella presentazione. Per i normali cittadini infatti Facebook e gli altri socialnetwork vietano il ricorso a false identità. E se il dipartimento della Giustizia lascia aperto l'interrogativo, l'Eff cita il documento di un altra agenzia federale, la temibile e temuta Irs, il fisco americano che conduce agguerrite indagini per stanare gli evasori, in cui si vieta esplicitamente agli agenti di usare false e-mail per ottenere informazioni sui contribuenti. «I dipendenti non possono falsificare le proprie identità, anche su Internet: non si possono ottenere informazioni da siti registrandosi con false identità» ha stabilito l'Irs.


www.cesint.org
 
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view post Posted on 3/5/2011, 22:01
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Il fondatore di Wikileaks punta il dito contro il social network: “È una banca dati a disposizione degli 007 americani”

Facebook è «il più spaventoso strumento di spionaggio mai inventato», una fonte inesauribile di informazioni per l’intelligence americana, che si avvale gratuitamente di dati che altrimenti richiederebbero grandi sforzi in termini di tempo e denaro. In un’intervista a tutto campo rilasciata all’emittente moscovita “Russia Today”, Julian Assange ha preso di mira il social network più popolare del pianeta, per poi affrontare i temi di attualità come le rivoluzioni che hanno cambiato la fisionomia del mondo arabo, la situazione di Guantanamo e i suoi rapporti con i media.

Il fondatore di Wikileaks è convinto che Facebook costituisca una manna dal cielo per gli 007 Usa: «È la più grande banca dati esistente sui cittadini, le autorità vengono così a sapere nomi, indirizzi, relazioni, reti di contatti, parentele e l’esatta ubicazione di ciascuno senza nemmeno doverli cercare». L’attacco si sposta poi contro i tre giganti a stelle e strisce che dominano il mondo di internet: «Non c’è solo Facebook, anche Google e Yahoo sono a completa disposizione dell’intelligence, e i loro strumenti sono funzionali agli interessi delle spie. Non voglio dire che ci sia un controllo diretto, ma le pressioni politiche e legali contro questi gruppi sono così forti che ormai lasciano carta bianca agli 007. Ogni volta che si aggiunge un amico in più su Facebook, si sta lavorando gratis per loro».

Per quanto riguarda le rivoluzioni arabe, Assange ritiene che rappresentino una «genuina» volontà di cambiamento da parte del popolo, lodando in particolare quanto avvenuto in Egitto: «All’inizio avevo il timore che ci fosse solo un cambio al vertice, e che la struttura di potere rimanesse sostanzialmente immutata. Invece dopo le dimissioni di Mubarak ci sono state diverse mini-rivoluzioni che hanno trasformato tutte le istituzioni, dal Cairo ad Alessandria, e non era affatto scontato». I toni si accendono tuttavia quando si parla della Libia, nella quale è invece in corso uno scontro guidato da diversi attori stranieri: «Ci sono nazioni molto lontane da quel Paese che hanno assunto un ruolo aggressivo in un contesto regionale. Non c’è nulla di genuino in tutto questo».

Le ultime rivelazioni di Wikileaks hanno mostrato che la Gran Bretagna è diventata una sorta di rifugio dei terroristi, e l’Australiano non perde l’occasione per bacchettare il Paese che lo ospita: «Qui trovano casa oligarchi, ex dittatori e naturalmente anche terroristi. Un conto è proteggere i perseguitati - attività lodevole - tutt’altra cosa è stata la scelta in passato di proteggere Pinochet o dare una mano al figlio di Gheddafi». Ma l’affondo più duro è nei confronti dell’amministrazione americana, colpevole a suo giudizio di non rispettare i diritti umani a Guantanamo: «Ci sono 48 persone che sono già state riconosciute innocenti dalle autorità degli Stati Uniti, e sono incarcerate senza alcun processo da anni. Questo perché nessuno li vuole, e restano nella base perché lì non si è tenuti a rispettare la legge, come accadrebbe invece sul territorio americano o nei Paesi alleati. Si tratta di “riciclaggio di persone”».

Gli altalenanti rapporti con i mass media sono poi oggetti di un’attenta disanima da parte del fondatore di Wikileaks, che ricostruisce quanto successo in occasione della diffusione dei cablogrammi che hanno fatto tremare i palazzi del potere di mezzo mondo. Assange punta in dito in particolare contro l’inglese Guardian e il New York Times, che non avrebbero rispettato gli accordi con la sua organizzazione: «Si era deciso di eliminare soltanto le parti che avrebbero potuto mettere in pericolo la vita di qualcuno, invece hanno censurato pesantemente il materiale. Il Guardian è il quotidiano che ha trasgredito di più i patti, ma anche il New York Times si è dato da fare: da un cablo di 62 pagine ha ricavato soltanto due paragrafi». Ma alla base di questo comportamento non c’è tanto una scelta editoriale, ma il timore delle conseguenze per determinate pubblicazioni: «I giornali hanno paura delle cause legali che qualche potente oligarca potrebbe scatenare contro di loro. Tutto ciò è la conseguenza del sistema che ormai vige nell’Occidente, dove non c’è più distinzione tra interesse di Stato e interesse commerciale».

Parlando in generale del rapporto tra media e politica, Assange termina con l’attacco più duro dell’intera intervista: «Quasi tutti i conflitti che ci sono state negli ultimi 50 anni sono il prodotto delle bugie confezionate dal sistema mediatico. La propaganda è diventata uno strumento fondamentale, perché i popoli sono contrari alle guerre». Ma non manca poi una nota di speranza per il futuro: «Questo significa che quando i media saranno più equilibrati, vivremo in un mondo pacifico».
 
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view post Posted on 26/5/2011, 10:00
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Bauman su Facebook
By ilsimplicissimus

Stasera da Fazio, Zygmunt Bauman, l’inventore della società liquida, presenterà il suo ultimo saggio dedicato al “personaggio” più in vista degli ultimi due anni, cioè a Facebook. E, credo, dimostrerà due cose: che la stampa, come sistema di diffusione delle idee, rischia di diventare irrimediabilmente lenta per voler essere qualcosa di differente dalla nottola di Minerva e che è sempre pericoloso parlare di cose di cui non si ha esperienza diretta.

Questo libro “Il trionfo dell’esibizionismo nell’era dei social network” nasce antico e non tiene affatto conto delle trasformazioni che il web e i social network hanno portato e permesso, compresa quella “rivoluzione mediterranea” che ha mandato all’aria parecchie delle nostre miserevoli certezze.

Sono pronto a sottoscrivere una per una le cose che dice Bauman: la differenza tra comunità che costituisce una “casa” e una rete dove si hanno troppi “amici” per poterli considerare tali, visto che la nostra stessa struttura genetica ci rende capaci di avere rapporti significativi con un numero limitato di persone (150 secondo l’antropologo Dunbar). Sono d’accordo sul fatto che la rete è l’ultimo atto del passaggio tra il desiderio di privacy e invece l’esibizione di sé, anche se il fatto che questo significhi la fine dell’intimità è un pura astrattezza sociologica. Se Bauman stesse un po’ su Facebook non avrebbe alcun dubbio in proposito.

Non so se sono d’accordo sul fatto che nella società dei consumatori la costrizione a fare uso di tecnologie per i rapporti personali trovi nei social network un equilibrio con la libertà, decretandone così lo straordinario successo.

Ma ciò che manca in questo approccio sociologico e psicologico è la dimensione concretamente politica, senza la quale il discorso si fa scivoloso, evanescente e forse alla fine solo un rifugio dentro una teoria generale. Perché i social network sono usati come strumenti di aggregazione orizzontale che si oppone all’informazione verticalizzata. E lo sappiamo benissimo in Italia dove la situazione di quasi monopolio pesa come un macigno: i social network non ci fanno trovare né una comunità, né una semplice rete, ma qualcosa di intermedio: un ambiente nel quale scambiare opinioni e umori, senza per questo richiedere rapporti “significativi”, qualunque significato vogliamo attribuire alla parola. E nel quale ci si possono scambiare opinioni al di fuori delle narrazioni ufficiali, imposte o suggerite da una qualche autorità che spesso s’identifica col mezzo stesso.

Del resto non c’è dubbio che il problema dell’informazione, della sua diffusione, del suo pluralismo, della sua reale libertà sono diventati il vero problema delle democrazie e anche il territorio dove le Costituzioni storiche sono carenti perché nate o ispirate quasi tutte a un diverso paradigma di acquisizione di sapere sociale.

I fenomeni ai quali assistiamo in questo periodo e in questi giorni, non sono stati creati dalle reti, ma sono inconcepibili senza di esse, senza un sapere orizzontale che riaggrega con altre modalità gli individui parcellizzati e abbandonati solo al destino personale.

Paradossalmente i social network finiscono per rendere un po’ meno liquida la società, meno solitaria e divisa l’espressione, anche se continuano ad implicare individui come consumatori di prodotti e di tecnologie. E’ l’Aufhebung della società liberista, la confutazione del monismo del mercato. Ed è un po’ anche la nostra speranza.
 
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PirataDelMediterraneo
view post Posted on 8/6/2011, 20:57




Anche se con più di un anno di ritardo, ti dico che sei un grande ad aver scritto queste cose su facebook, che sono la verità.
Svegliatevi gente, in quello schedario di merda vi vogliono tutti risucchiare i cervelli!! ;)
 
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Percival
view post Posted on 13/6/2011, 07:16




La blogger gay era un 40enne americano E noi sappiamo chi ci sta davanti online? di Viviana Mazza

La blogger Amina Araf, la “ragazza gay di Damasco” diventata un simbolo della rivolta in Siria è in realtà un uomo, un americano di 40 anni della Georgia. Mentre attivisti e giornalisti di tutto il mondo avevano creduto che Amina fosse stata arrestata (in seguito ad un allarme lanciato sul blog), l’uomo che per 4 mesi ha finto di essere una coraggiosa dissidente era andato in vacanza con la moglie in Turchia. Lo ha confessato lui stesso con un post intitolato “Scuse ai lettori”. Firmato: Tom MacMaster, Istanbul, Turchia, 12 giugno 2011. “Non mi aspettavo un livello di attenzione del genere – scrive -. Mentre il personaggio era di fantasia, i fatti raccontati su questo blog sono veri e non fuorvianti rispetto alla situazione sul campo. Io credo di non aver danneggiato nessuno. Gli eventi vengono plasmati dalle persone che li vivono su base quotidiana. Ho solo cercato di gettare luce su di essi per un pubblico occidentale. Questa esperienza ha tristemente confermato i mio modo di sentire riguardo alla copertura spesso superficiale del Medio Oriente e la presenza pervasiva di forme di Orientalismo liberale. In ogni caso sono rimasto profondamente toccato dalle reazioni dei lettori”. Ecco come è emersa l’identità dell’uomo. LA “CACCIA” - Il cerchio intorno a MacMaster si stava chiudendo. I fan di Amina, che per mesi avevano seguito i racconti della ragazza sulla vita quotidiana nella Siria in rivolta, avevano creato martedì un gruppo Facebook per il suo rilascio (arrivato a 15mila sostenitori). Il giorno dopo hanno scoperto che le foto da lei diffuse erano false (appartenenti ad un’altra donna). Persone di tutto il mondo si sono ritrovate su Twitter accomunate dalle domande: Chi è? Dov’è? Perché ha mentito? Il Washington Post e il sito Electronic Intifada hanno seguito alcune tracce che portavano fino a MacMaster e alla moglie Britta Froelicher. Dapprima i due hanno negato tutto. Poi, domenica sera, poco prima della pubblicazione del post, Froelicher ha confessato: “Siamo in vacanza in Turchia e vogliamo solo stare tranquilli e non avere a che fare con la follia del momento”. MacMaster ha inviato un email al sito Electronic Intifada, in cui afferma: “Faremo una prima intervista con un giornalista di nostra scelta tra 12-24 ore. Dopodichè prenderemo in considerazione gli altri media”. LE TRACCE – 1) E’ emerso che un forum su Yahoo, chiamato “thecrescentland”, era stato creato da qualcuno che usava il nickname ”Amina” e che aveva fornito l’indirizzo di una abitazione a Stone Mountain, in Georgia. Il proprietario da anni è proprio Thomas MacMaster, che risultava residente lì con la compagna fino al settembre 2010 (aveva invitato via Facebook gli amici per un barbecue). Poi MacMaster ha annunciato su Facebook (e illustrato con foto) il suo trasferimento all’Università di Edinburgo (per un master). La moglie era partita con lui per seguire corsi sullo “sviluppo economico siriano”. 2) nell’album fotografico online di Froelicher c’erano foto di un viaggio dei due in Siria (oscurate ieri notte) e almeno una delle immagini era stata utilizzata anche da “Amina” nel blog. 3) il sito Lez Get Real (che ospita il blog di “Amina”) ha rivelato che aveva notato che l’indirizzo IP dal quale i post erano stati scritti rimandava all’Università di Edinburgo, ma non vi aveva dato peso perché Amina (cioé MacMaster) aveva detto (via email) di usare un proxy anonimo per mascherare la sorgente reale (come fanno molti blogger dissidenti). LE CONCLUSIONI? Parliamone. Nel 1993, Peter Steiner sul New Yorker disegnò la famosa vignetta che ritrae un cane davanti al computer. La didascalia dice: “Su Internet, nessuno sa che sei un cane”. Una frase diventata simbolo dell’anonimità della Rete. Ma oggi è vero il contrario, “Su Internet tutti sanno che sei un cane“ -sostiene la studiosa di sociologia e tecnologia Zeynep Tufekci – perché attraverso i social media e non solo (pensiamo alle tracce reperibili online di “Amina”), la nostra vera identità è esposta. Però, per mesi, la montatura ha funzionato… Dopo la rivelazione, online ci sono tante riflessioni, sul giornalimo, sull’Orientalismo, sulle conseguenze gravi per gli attivisti e i dissidenti veri. Si parla anche di amicizia e di fiducia, di quel rapporto intimo che si era creato online tra Amina e alcuni suoi lettori (una di loro, lesbica, si era definita la sua fidanzata). Per chi aveva quel rapporto, è una grande delusione, “come quando la persona che ami ti abbandona”, ha scritto qualcuno su Twitter. Vi è capitato mai di sentirvi legati da amicizia a qualcuno che non avete mai incontrato di persona (al massimo avete visto qualche foto su Facebook) ma con cui parlate di tutto online? E quando qualcosa di bello o di brutto succede a quella persona, reagite come se vi conosceste davvero… Vi siete mai domandati chi ci sia davvero dall’altra parte? Non è una questione limitata ad alcuni Paesi lontani. Una giornalista del New Yorker qualche mese fa scriveva che, alle consuete categorie degli amici e dei conoscenti, oggi, ai tempi dei social media, si è aggiunto l’insieme delle persone che hai incontrato online in qualche modo - su Facebook oppure Twitter, MySpace, chat… – e con cui adesso interagisci spesso, magari più volte al giorno. Non vi siete mai visti di persona, eppure è come se vi conosceste davvero. E, in effetti, li definiresti “amici”. Però uno studio del 2007 ammoniva che non è possibile creare rapporti di vera amicizia e fiducia online. Lo psicologo Will Reader spiegava: “ Per sviluppare una vera amicizia dobbiamo sapere che l’altra persona è degna di fiducia, dobbiamo essere assolutamente certi che sia pronta ad investire nel rapporto con noi, che sia davvero lì quando ne abbiamo bisogno… E’ molto facile ingannare gli altri su Internet”.
 
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view post Posted on 23/6/2011, 10:53
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MILANO - «Con gi smarthphone ognuno di noi è, quasi sempre inconsapevolmente, un Pollicino che ha in tasca il suo sacchetto di sassolini bianchi che escono uno ad uno per segnarne gli spostamenti». Lo ha detto il presidente del Garante per la protezione dei dati personali Francesco Pizzetti, nella relazione annuale. «I rischi connessi agli smarthphone e alle loro applicazioni derivano essenzialmente dal fatto che i nostri telefonini - ha aggiunto - sono costantemente localizzati, e che il gran numero di dati e informazioni in essi contenuti, dalle rubriche telefoniche all'agenda, dalle foto alle annotazioni, possono essere conosciuti, trattati, conservati, utilizzati da soggetti dei quali non abbiamo consapevolezza nè controllo». Per questo per il presidente per le nuove tecnologie serve una «informativa di rischio» simile a quelle dell'usa dei farmaci o sui pericoli dell'eccessiva pubblicità.

LA RETE - In rete il rischio, soprattutto per i giovani, è che «ciascuno diventi allo stesso tempo il potenziale controllore e il possibile controllato, il cacciatore e la preda» dice ancora il presidente del Garante presentando al Parlamento una relazione molto attenta ai giovani e alle nuove tecnologie. «Il pericolo di diventare preda - aggiunge - è particolarmente alto per i minori che, anche giovanissimi, utilizzano le tecnologie più degli adulti, spesso senza avere adeguata consapevolezza delle conseguenze»


23 giugno 2011
 
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view post Posted on 26/7/2011, 19:31
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view post Posted on 16/10/2011, 22:06
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