L'assemblea di condominio - Quorum e maggioranze

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Percival
view post Posted on 27/12/2009, 20:09




Il condominio funziona come una piccola repubblica, con la sua costituzione (il regolamento) il suo organo "legislativo" (l'assemblea dei condomini) ed il suo organo "esecutivo" (l'amministratore).
Anche per quanto concerne l'assemblea dei condomini occorre, pertanto distinguere, come si usa nel diritto degli organi assembleari pubblici, tra un quorum costitutivo ed un quorum deliberativo (art. 1136 c.c.).
Il quorum costituivo è il numero minimo di presenze necessarie affinché l'assemblea possa validamente deliberare.
Il quorum deliberativo è il numero minimo di voti favorevoli che una proposta di delibera deve ottenere per poter essere approvata.
L'assemblea dei condomini può riunirsi in prima od in seconda convocazione (da effettuarsi non oltre 10 giorni, nel caso non si sia raggiunto il quorum costitutivo nella prima).
Per quanto riguarda la prima convocazione è previsto un quorum costitutivo dei 2/3 dei condomini (proprietari delle singole unità immobiliari, come appartamenti, garage depositi ecc.) che rappresentino almeno 2/3 del valore dell'edificio (ad es. in un condominio di 30 condomini dovranno essere presenti almeno 20 condomini, sommando le quote milesimali dei quali si raggiungano almeno i 666/1000 del'edificio).
In mancanza del quorum l'assemblea non potrà deliberere e si renderà necessaria una seconda convocazione.
Il quorum deliberativo, ossia il numero di voti necessari per approvare una delibera in prima convocazione è della metà più uno degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio (500/1000).
Per la seconda convocazione il codice non prevede un quorum costitutivo.
Esso, tuttavia, può ricavarsi implicitamente dal quorum deliberativo (art. 1136 co. 3 c.c.). Infatti per l'approvazione di una delibera in seconda convoczione è richiesto il voto favorevole (e, quindi, implicitamente, la presenza) di un 1/3 dei condomini (tutti, non solo quelli intervenuti) che rappresentino almeno 1/3 del valore dell'edificio.
Resta da precisare che in alcune ipotesi di legge (art. 1136 co. 4 c.c.) le deliberazioni, anche in seconda convocazione, devono essere sempre approvate con le maggioranze previste per la prima convocazione (la maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio).
Si tratta delle decisioni attinenti la nomina e la revoca dell'amministratore, le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore medesimo ovvero concernenti la ricostruzione dell'edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità .
Inoltre le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell'articolo 1120 c.c. (nuove opere dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni) devono essere sempre approvate con un numero di voti (quorum deliberativo) che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio.
 
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view post Posted on 25/7/2011, 19:49
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La sentenza n. 15308/11 della Cassazione ha stabilito il principio in base al quale l'inservibilità della cosa comune, che costituisce il limite alle innovazioni in materia condominiale, non può consistere in un semplice disagio, ma deve comportare la concreta inutilizzabilità del bene, con la conseguenza che è lecita la costruzione di un ascensore, anche se riduce le dimensioni del pianerottolo.



Il caso


La proprietaria di un appartamento al piano terreno di un condominio impugna la delibera assembleare che ha approvato l'installazione di un ascensore, lamentando la mancata unanimità dei consensi. Il Tribunale respinge la domanda, ritenendo che, malgrado l'impianto di sollevamento avrebbe comportato una sensibile diminuzione dello spazio comune nel pianerottolo davanti all'abitazione della signora, l'innovazione doveva ritenersi lecita in quanto diretta ad un migliore uso della cosa comune. In appello, però, la sentenza è riformata e il Condominio fa ricorso in cassazione.



I giudici di appello, valutato il bilanciamento tra gli interessi del singolo condomino e quelli dell'ente di gestione, ha ritenuto che i diritti della signora ad utilizzare lo spazio antistante al proprio appartamento e a fruire liberamente di quest'ultimo nella sua pienezza, in ragione di una eventuale diminuzione di luminosità sarebbero risultati eccessivamente compressi dalla realizzazione dell'ascensore. Da qui la decisione che vieta le innovazioni che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.



Secondo il Condominio, però, la costruzione dell'ascensore non avrebbe affatto comportato tali pregiudizi per la condomina e sostiene che i giudici di merito non si sono soffermati sull'analisi degli aspetti dimensionali dell'ingombro derivante dalla gabbia dell'ascensore, rispetto all'area complessiva del pianerottolo, ignorando quale sarebbe stata l'effettiva riduzione della superficie dell'androne.
La Cassazione accoglie questi rilievi e afferma che la sentenza impugnata è fondata su una non condivisibile interpretazione del limite alle innovazioni consentite della cosa comune. Tale limite, infatti, risiede nella inservibilità della cosa comune da parte del singolo condomino a seguito dell'innovazione. Nell'identificazione del limite alle innovazioni della cosa comune «il concetto di inservibilità della stessa non può consistere nel semplice disagio subito rispetto alla sua normale utilizzazione ma è costituito dalla concreta inutilizzabilità della res communis secondo la sua naturale fruibilità».



Nel caso in esame, la mera riduzione della superficie totale del pianerottolo, antistante il pianerottolo della condomina, non impedisce a quest'ultima di poter fruire del pianerottolo stesso e non costituisce, quindi, un pregiudizio tale da vietare la costruzione dell'ascensore, innovazione che sicuramente comporta un miglior uso per tutti i condomini delle parti condominiali comuni.
Il ricorso del Condominio viene, pertanto, accolto e la causa rinviata alla Corte d'Appello per una nuova decisione nel merito.
 
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