Montezemolo decise di celarsi sotto il nome di "ingegner Giacomo Cataratto" poi cambiato in "professor Giuseppe Martini"[7]. L'8 ottobre viene avvicinato da emissari del Regio Governo che gli ordinano di prendere contatto diretto con Brindisi. Già il 10 ottobre 1943 riesce a ristabilire il contatto radio con Brindisi, e da lì ottiene l'incarico di comandare il Fronte Militare Clandestino, che avrebbe dovuto organizzare e coordinare le formazioni partigiane romane con diramazioni in tutta Italia[8]. Il Fronte Militare Clandestino, già creato dal generale Giacomo Carboni, era composto da altri ufficiali, sottufficiali e soldati (e soprattutto Carabinieri) come lui rimasti fedeli al giuramento verso la Corona[9].
I comandi alleati conferiranno in seguito a Montezemolo anche l'incarico di curare per conto del XV Gruppo d'Armate i collegamenti con il neonato CLNAI, nel Nord-Italia[10].
In clandestinità, con la collaborazione di pochi fidatissimi uomini (fra cui il suo capo di Stato Maggiore Ugo de Carolis), Montezemolo si sposta continuamente, evitando accuratamente di fornire al controspionaggio e alla polizia tedesca e fascista elementi che potessero coinvolgere i suoi familiari, tanto per proteggerli quanto per evitare che - se catturati - potessero essere usati come ostaggi per ricattarlo[10].
Il 10 dicembre 1943, quale comandante riconosciuto dal governo Badoglio a Bari, dirama a tutti i raggruppamenti militari nell'Italia occupata dai nazifascisti la circolare 333/op, nella quale vengono indicati gli obbiettivi dell'organizzazione clandestina e le direttive per la condotta della guerriglia per la liberazione dell'Italia dal nazifascismo e il suo inserimento tra le nazioni democratiche.[11].
Parola d'ordine della sua organizzazione militare era "guerra al tedesco et tenuta ordine pubblico", e le direttive erano "organizzare segretamente la forza per assumere al momento opportuno l'ordine pubblico in Roma a favore del governo di Sua Maestà il Re". La sua organizzazione diventava così direttamente concorrente ai GAP, e - in caso di arrivo delle truppe alleate o improvvisa ritirata di quelle dell'Asse, i suoi uomini e in particolare i Regi Carabinieri avrebbero dovuto garantire l'occupazione dei nodi strategici (radio e ministeri) prima che eventuali bande partigiane non monarchiche potessero appropriarsene[10].
Per evitare rappresaglie da parte nazista sui civili, Montezemolo vieta di compiere attentati dinamitardi ed omicidi contro i tedeschi: "nelle grandi città - scrive infatti il colonnello - la gravità delle conseguenti rappresaglie impedisce di condurre molto attivamente la guerriglia"[12]. La nota - che fa parte di un ordine d'operazioni intitolato "Direttive per l'organizzazione e la condotta della guerriglia", prosegue: "Vi assume preminente importanza la propaganda atta a mantenere nelle popolazioni spirito ostile ed ostruzionistico verso il tedesco, propaganda che è compito essenzialmente dei partiti; e la organizzazione della tutela dell'ordine pubblico, compito militare sia in previsione del momento della liberazione, sia per l'eventualità che il collasso germanico induca l'occupante ad abbandonare improvvisamente il territorio italiano".[13]
Quando iniziano le persecuzioni naziste contro gli ebrei della capitale, Montezemolo si adopera per far trovare documenti falsi e salvacondotti alle migliaia di ebrei sfuggiti al "sacco" condotto dalle SS contro la comunità israelitica di Roma[14].
Dal comando di Montezemolo dipende anche il Raggruppamento Monte Amiata, che opera - con soldati italiani in uniforme ed ex prigionieri di guerra - fra Toscana e Lazio come resistenza monarchica[15]. Almeno sulla carta l'organico del Fronte Militare Clandestino doveva arrivare a circa diecimila uomini, anche se si stimava che solo tremila di questi sarebbero stati operativi ed armati in caso di improvvisa necessità[16]. Diverse altre bande militari sono organizzate in tutta l'Italia centrale e coordinate da Montezemolo[17].
Montezemolo si adopera alacremente per coordinarsi con gli altri elementi del CLN romano e in particolare con Giorgio Amendola, del PCdI, con il quale pianifica anche le operazioni militari successive allo sbarco di Anzio[18], operazioni che non inizieranno per l'incapacità alleata di marciare risolutamente sulla capitale[19]. Il Fronte Militare Clandestino era comunque stato determinante per fornire ai Gruppi di Azione Patriottica esplosivi, dati e informazioni fondamentali per gli attacchi contro le linee ferroviarie usate dai tedeschi per rifornire le truppe sulla Linea Gustav[20]. Secondo Roggero[21], lo sforzo di coordinazione con tutte le forze politiche antifasciste presenti a Roma all'indomani dello sbarco di Anzio sarebbe stata determinata anche dal "timore di una insurrezione pilotata dai soli comunisti".
Nonostante la collaborazione fra Fronte Militare e CLN, secondo Giorgio Bocca "Montezemolo e i suoi sono fuori, a volte contro il movimento unitario, non ne condividono la politica, tentano una concorrenza di tipo decisamente reazionario. Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo è un ufficiale virtuoso e capace. In vita e in morte lui e i suoi più stretti collaboratori sono degni di ammirazione. Ma il giudizio storico sul movimento, il giudizio dei fatti, è negativo: esso è un freno alla Resistenza nazionale, un motivo di confusione e paralisi"[22].
Anche Corrias[23] sostiene che "le dicotomie fra i due schieramenti non tardarono a manifestarsi", essendo obbiettivo del FMC quello di raccogliere informazioni e garantire l'ordine pubblico in caso di ritirata tedesca, mentre per "le altre componenti militari della Resistenza, nella quasi totalità espressione della militanza di sinistra (...) l'obbiettivo andava ben oltre la consegna della città al Governo Badoglio".
Edited by Claudio Bozzacco - 7/2/2016, 07:53